Per l’angolo dedicato all’horror oggi vi segnaliamo la trilogia cannibal-family di Wrong Turn, che dopo il primo capitolo Wrong turn-Il bosco ha fame prodotto dal mago del make-up Stan Winston, ideatore anche del look del terzetto di cacciatori deformed, proseguirà autonomamente il suo percorso produttivo imboccando la strada del direct-to-video perdendo in qualità, ma non in efferatezza.
Il regista Rob Schmidt nel primo episodio mette in scena un convenzionale, ma efficacissimo survival horror, gli ingredienti del filone a base di famglie D&D (deformi e disturbate) ci sono tutti, gruppetto di ragazzi sperduti, immensa foresta isolata, terzetto di cannibali patiti della caccia, e naturalmente l’ora di cena che incombe sui fuggitivi.
Make-up molto ben sfruttato, Winston caratterizza personalmente tutte e tre i cannibali, dandogli peculiarità fisiche ben definite e subito riconoscibili, naturalmente la caratterizzazione dei tre villain andrà perdendo di consistenza con il diminuire del budget nei successivi sequel.
Nel secondo capitolo, Wrong turn 2-Senza via d’uscita, di scena un reality-game organizzato proprio nei boschi terreno di caccia del famelico terzetto, inutile dire che concorrenti, troupe e presentatore saranno tutti nominati, e naturalmente invitati a cena dai padroni di casa.
Terzo capitolo in scemando, in Wrong Turn 3-Left for dead il comparto splatter resta dignitoso, ma la storia perde consistenza e molto dell’appeal iniziale, ancora un gruppo di amici finiti nelle grinfie di un cannibale mutante, stavolta impegnato in una battuta di caccia in solitaria, il bracconiere in questione oltre che divertirsi con la comitiva di giovani sprovveduti, avrà anche l’occasione di dirottare un trasporto di detenuti, un’idea che sembra concepita ad hoc per dare una scossa al sonnolento e ripetitivo contesto, funzionerà, ma solo in parte.
WRONG TURN -LA TRILOGIA:
WRONG TURN-IL BOSCO HA FAME di Rob Schmidt (USA/Germania,2003)
WRONG TURN 2-SENZA VIA D’USCITA di Joe Linch (USA/Canada, 2007)
WRONG TURN 3-LEFT FOR DEAD di Declan O’Brien (USA,2009)