Non solo “Sacro GRA“, Leone d’Oro per la gioia di Gianfranco Rosi. Quella appena conclusasi è stata l’edizione della Mostra di Venezia che ha nuovamente portato il cinema di casa nostra sulla cresta dell’onda.
Era da molto tempo, esattamente dal 1998 con “Così ridevano” di Gianni Amelio, che l’Italia non si aggiudicava il riconoscimento più ambito della kermesse. Amelio con “L’intrepido“, interpretato da Antonio Albanese, ci ha provato a fare il bis a distanza di 15 anni. Ma la ‘cabala’ e la numerologia non hanno ‘collaborato’ a dovere.
Così, la vittoria va a un cineasta che in un film-documentario ha saputo raccontare la vita ai margini del Grande Raccordo Anulare della Capitale. Rosi trionfa con un’opera di non finzione, che risolleva le sorti dell’intero universo cinematografico nostrano dinanzi agli occhi di tutto il mondo. Certo, giocava in casa. Ma, si sa, Venezia si contraddistingue per la sua imparzialità.
“Sacro GRA”, in ogni caso, non è l’unico orgoglio italiano a Venezia 70. In un’edizione totalmente dominata dal sesso maschile, l’unica rappresentate del gentil sesso ad essere premiata in Sala Grande è stata Elena Cotta, miglior interpretazione femminile e dunque Coppa Volpi per il suo ruolo in “Via Castellana Bandiera” di Emma Dante.
A “Still Life” di Uberto Pasolini va invece il premio Orizzonti per la miglior regia, altro importantissimo segnale di crescita. Chiude in bellezza questa striscia positiva. Il suo è un film che va alla ricerca dei parenti di chi muore solo. Riflette sui funerali in cui non c’è nessun ‘volto amico’ a dare l’estremo saluto. Una triste pagina della nostra Nazione, che diventa pellicola. “Still Life”, dunque, diventa la sorpresa. Premiato per la tecnica di questo straordinario regista e per il coraggio dei contenuti, il film non fa che ribadire (al pari degli altri due vincitori della penisola) che c’è un futuro per il nostro cinema. E, prima possibile, deve diventare presente e realtà.