Sono passati 40 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini, intellettuale, artista e uomo che con le sue debolezze e le sue dolcezze, manca all’Italia. Sarà in sala a partire dal 24 marzo il film di David Grieco La Macchinazione. Film che riguarda gli ultimi mesi della vita del Nostro. Film che tratta la sua morte, riconducendola al suo lavoro di scrittore, all’inchiesta che stava portando avanti sui poteri forti che sarebbero stati dietro alla serie di stragi italiane.
Film interessante, di cui si parla molto. Un hype assolutamente motivato. Grieco, per interpretarlo, ha scelto Massimo Ranieri. Il motivo? E’nobile. In qualche modo, afferma il regista, lo aveva scelto lo stesso Pasolini:
All’epoca gli amici prendevano in giro Pier Paolo, gli dicevano non ce la racconti giusta, hai un figlio di cui non ci hai mai parlato riferendosi alla grande somiglianza tra lui e Massimo Ranieri, allora ventenne e Pier Paolo era quasi infastidito da queste battute. Poi un giorno, su una panchina di un campetto da calcio, Pasolini finiva di giocare e Ranieri entrava in campo, lo guardò negli occhi e gli disse ma è vero quello che dicono, ci somigliamo proprio. Per questo dico che è stato Pasolini a scegliere Massimo e non io.
E Massimo Ranieri? Cosa ne pensa?
Per tanti anni mi sono ‘sentito’ Pasolini e poi, conoscendolo, anch’io avevo riscontrato questa miracolosa somiglianza fisica, mi inorgogliva somigliare a un sì grande uomo. E’ stato importante per tutti quelli della mia generazione, io purtroppo ho avuto modo di conoscerlo poco, negli anni che vanno dal ’68 alla sua morte, nel ’75. Poi, però, ho continuato a ‘frequentarlo’ leggendolo, anche se apparteneva a un mondo lontano anni luce dal mio, lui un grande intellettuale e io che venivo dalla scuola elementare. Sentivo che leggerlo mi faceva del bene e che, con la sua violenza nel raccontare le cose, stava dalla parte della verità. Lui non aveva paura di lanciare fendenti a destra e a manca perché, come un vero intellettuale, non stava alla finestra, ma frequentava le strade. E che strade: quelle delle borgate, quelle dove vivevano i diseredati.
Il film trova Pasolini nell’estate del 1975. Il Pci ha raggiunto il massimo storico alle elezioni, nelle strade si continua a manifestare. Pasolini sta lavorando al montaggio di quello che sarà il suo testamento, non solo cinematografico: Salò o le 120 giornate di Sodoma. Al tempo stesso sta scrivendo ‘Petrolio’: un romanzo che, in qualche modo, gli è stato fatale.