Da quando su Amazon Prime Video è sbarcato The Kingdom – Il Regno di Lars Von Trier ci siamo scoperti tutti nostalgici. Tutto ciò che dobbiamo fare quando ci apprestiamo alla visione di questa piccola perla televisiva è rinunciare a ogni buonsenso e smettere di crederci terrestri, perché ciò che andremo a vedere è un teatro grottesco in cui le uniche cose verosimili sono un ospedale di Copenaghen e la luce.
Labirintico e claustrofobico, il “Regno” è un fabbricato d’avanguardia in cui si consumano giri di vite, esperimenti, megalomania, nazionalismi di un primario da sbattere al muro, sangue, evocazioni e segreti, ma soprattutto una vera e propria galleria degli orrori in cui dietro ogni dialogo si nasconde il preciso intento di farci salire sul vascello di Caronte e trasportarci in un mondo dark con la psichedelia in pinzimonio.
Lars Von Trier, con questa opera suddivisa in due stagioni – Riget I e Riget II – rispondeva all’estasi collettiva di ER – Medici in prima linea e Twin Peaks, ma c’era anche quell’X-Files che già aveva creato nuovi fanatici innamorati follemente di Fox Mulder e Dana Scully. Von Trier propose il suo prodotto e imbracciò la telecamera fino ad inclinarla per entrare nelle stanze, sbattendo l’obiettivo dritto sulla faccia degli interpreti come in uno strano gioco voyeuristico che voleva testimoniare l’inferno dietro lo sguardo di ognuno.
Così ci ritroviamo dentro l’ospedale Kingdom con le luci soffuse, dal momento che le riprese di Riget furono effettuate con la luce artificiale. Non mancano, infatti, momenti in cui ci ritroviamo completamente al buio e sul punto di soffocare.
Nei corridoi del Regno si consumano le vicende personali e non della signora Drusse, in primis, che dalle prime battute si presenta come la classica anziana ipocondriaca che chiede di farsi ricoverare per scongiurare una prossima morte. Da quando sentirà il pianto di una bambina in ascensore, però, il vortice infernale ci risucchia nel mondo di Mary, il fantasma sofferente di una bambina morta nel 1919.
Nel frattempo il primario, il dottor Helmer, vive tra la nostalgia della sua Svezia e la propria arroganza, che tuttavia somiglia più all’ottusità di un conservatore borioso che a un carattere umanamente naturale.
Nelle fondamenta del Regno si nasconde il segreto della piccola Mary che la signora Drusse, sensitiva, riesce a contattare per aiutarla a varcare la soglia e farla smettere di infestare l’edificio. No, non è tutto qui. Non è la classica storia di fantasmi inquieti che non riescono a trovare pace.
Abbiamo persone in formalina, esperimenti sul sonno che creano allucinazioni al limite dello splatter, l’erotismo di un’infermiera che non si lascia avvicinare dal suo spasimante, una gravidanza sospetta e un archivio che nasconde delle prove che potrebbero veramente ribaltare l’intero equilibrio amministrativo dell’ospedale.
La piccola Mona è una delle chiavi di lettura del Regno di Lars Von Trier: rovinata da un intervento mal riuscito sarà tutto ciò che farà vacillare l’apparente solidità dell’implacabile dottor Helmer.
Non avremo camici bianchi che consumano caffè nell’ora di pausa né sandwich mordicchiati in pausa pranzo mentre pensiamo a referti o al gatto rimasto in casa senza cena per colpa dei nostri straordinari. Saremo lì a volteggiare insieme alla telecamere tra luci che si spengono, rumori e lamenti, mentre ogni tanto arrivano teste mozzate e cannibali affamati.
Il Regno di Lars Von Trier è quell’opera necessaria a ricordarci quanto può essere efficace l’orrore senza il ricorso alla CGI o alla super produzione, e dalla prima stagione presente su Amazon Prime Video abbiamo già imparato la lezione.