Michael Hoer (Quinton Aaron) è un diciassettenne cresciuto senza genitori e senza fissa dimora, allontanato a soli sette anni dalla madre tossicodipendente e poi separato dal fratello maggiore, Michael si ritrova sballottato da una famiglia affidataria all’altra per fuggire sistematicamente ogni volta, ritrovandosi a vagabondare in strada e a dormire dove capita.
La sua mole, Michael è un ragazzone davvero mastodontico e la sua innata abilità nello sport attireranno l’attenzione di un allenatore che lo aiuterà ad entrare in una scuola, dove purtroppo il suo carattere chiuso, quasi al limite dell’autismo e la poca sensibilità della maggior parte del corpo insegnante, non gli permetteranno di progredire negli studi precudendogli così qualsiasi attività sportiva.
Le cose però ben presto cambieranno grazie alla buona volontà di una delle insegnanti che spingerà la scuola a supportare il ragazzo e all’interessamento della benestante Leigh Anne Tuohy (Sandra Bullock), che con tutta la sua famiglia, marito ex-campione di basket e i due figli, deciderà di prendersi cura di Michael, diventandone tutrice legale, aiutandolo a laurearsi e portando alla luce un talento innato del ragazzo per il football, che trasformerà Michael in uno dei giocatori più ambiti della Lega.
The Blind Side resta un vero mistero, una delle più riuscite biopic sportive mai uscite negli States completamente snobbata dai distributori italiani, nonostante la pellicola abbia permesso a Sandra Bullock, qui davvero in grande forma, di guadagnarsi oltre ad un Golden Globe il suo primo Oscar come miglior attrice protagonista.
La parte prettamente sportiva della pellicola è intelligentemente sfumata per una maggiore fruibilità a favore dell’indiscutibile appeal della storia vera che ci racconta un sogno americano altro, ammiccando in versione meno fiabesca al Forrest Gump di Zemeckis, in una edificante veste da family-movie.
Il regista John Lee Hancook, all’attivo la biopic sportiva con Dennis Quaid Un sogno, una vittoria, sforna un film che rispetta appieno tutti i clichè del genere, non enfatizzando però mai la messinscena, restando volutamente sempre un passo indietro a personaggi ed interpreti, lasciando che la splendida colonna sonora, gli sguardi dolenti ed i silenzi del protagonista sostituiscano e contengano i fisiologici eccessi di retorica, un film ingiustamente sottovalutato che merita senza dubbio un ripescaggio, che sia un passaggio televisivo o un noleggio in videoteca.