A Napoli il commissario Rizzo (Bud Spencer) si ritrova per le mani un potente boss della droga morto e un sospetto di omicidio a suo carico. L’accusa di omicidio non fermerà di certo Rizzo che comincerà ad indagare partendo da un mafioso arrivato da poco in città, tale Frank Barella (Al Lettieri), che gli fornirà importanti indizi che lo porteranno ad ipotizzare la presenza di una talpa nella polizia che in qualche modo faciliterebbe il traffico di stupefacenti in città. Per smascherare il poliziotto corrotto è necessario un viaggio ad Hong Kong, dove con l’aiuto del fidato brigadiere Caputo (Enzo Cannavale) e di un ragazzino del posto Rizzo arriverà a suon di scazzottate fino alla cima dell’organizzazione malavitosa, scoprendo non solo chi è la talpa, ma anche che Barella non è chi dice di essere.
Steno
Il trasformista, recensione
All’indomani di una disastrosa alluvione il quarantenne Augusto Viganò (Luca Barbareschi) diventa parte di quella massa di cittadini non più silenziosa che scende in piazza per gridare il proprio sdegno e il bisogno di supporto da parte delle autorità.
Viganò ed altri manifestanti bloccano le rotaie dove transita un treno che sta trasportando un politico e fatto scendere l’uomo Viganò stesso gli racconta la vergogna perpetrata contro la sua terra e la devastazione lasciata dalle acque del fiume.
Il suo intervento, la sua faccia e il suo carisma vengono notati durante una diretta tv in cui Viganò denuncia lo sfruttamento del territorio come discarica di rifiuti tossici e si confronta senza remore con il politico di turno, di li alla proposta di candidatura il passo è davvero breve.
Belle ma povere, recensione
Seguiamo le peripezie amorose di una coppia di giovani ragazze romane Anna Maria (Alessandra Panaro) e Marisa (Lorella De Luca) fidanzate rispettivamente con Romolo (Maurizio Arena) che è anche il fratello di Marisa e Salvatore (Renato Salvatori) fratello di Anna Maria.
Le due ragazze cercano di far mettere al testa a posto alla coppia di fidanzati scansafatiche che non hanno nessuna voglia ne di accasarsi ne tantomeno di lavorare e così tra promesse non mantenute e farfalloneggiamenti vari Anna Maria e Marisa provano a far impegnare i due rispettivi fidanzati in qualche attività seria, ma con scarsi risultati.
A complicare le cose rispunterà la bella Giovanna (Marisa Allasio) corteggiata a suo tempo da entrambi i futuri cognati che ora lavora in una gioielleria e diventerà motivo di scontro tra i due galletti, che non si renderanno conto che a causa del loro comportamento da immaturi sfaccendati rischiano di perdere le due innamorate, ma stremate fidanzate.
Totò contro i quattro, recensione
Giornata da dimenticare quella del commissario di polizia Antonio Saracino (Totò) che dopo aver subito lo smacco di veder trafugata la sua auto nuova di zecca, dovrà affrontare una giornata infernale in commissariato dove oltre a tre spinosi casi su cui indagare si ritroverà anche un collega (Nino Taranto) che non solo gestisce indebitamente una lucrosa attività extra-lavorativa ed evade il fisco da anni, ma tenta in extremis una volta scoperto di corromperlo.
Tra i casi con cui il sempre più stressato Saracino si dovrà cimentare c’è quello di un geloso e paranoico marito (Peppino De Filippo) che teme che la consorte e il suo presunto amante stiano architettando un piano per ucciderlo, il problema è che l’unico testimone oculare di questo complotto è un pappagallo.
Banana Joe, recensione
Sudamerica, Il colosso dal cuore d’oro Banana Joe (Bud Spencer), soprannome guadagnato trasportando lungo il fiume nei pressi dello sperduto villaggio di Amantido carichi di banane, si trova nei guai a causa di un ambizioso boss malavitoso, il losco ed avido Torsillo, intenzionato a realizzare un progetto che prevede la costruzione di un casinò nei pressi del villaggio. nonchè il controllo di tutti i traffici commerciali legali e non della zona.
Banana Joe purtroppo non è provvisto di nessuna licenza per il suo lavoro ed è costretto a recarsi nella vicina città di San Cristobal, dove si dovrà procurare i documenti necessari per regolarizzare la sua licenza di trasportatore, qui per sua sfortuna incontrerà un piccolo truffatore napoletano che si offrirà di aiutarlo creando solo problemi e complicazioni.
Banana Joe durante la sua permanenza nella costosa cittadina si troverà presto senza un soldo. e dopo aver cercato lavoro come buttafuori in un locale, che si scoprirà poi di proprietà di Torsillo, e conosciuta un’affascinante cantante di Night, sarà costretto a fare il servizio di leva per avere accesso ai famigerati documenti che gli serviranno per il suo laroro, ottenuti i quali tornerà di corsa ad Amantido per partecipare a modo suo all’inaugurazione del casinò di Torsillo.
B-cult, Piedone lo sbirro
Oggi per i B-cult ci occupiamo di Bud Spencer in una delle sue fortunate incursioni sul grande schermo in solitaria, anche stavolta con un tale successo da figliare tre sequel, e una parodia.
Come avrete intuito stiamo parlando di Piedone lo sbirro di Steno, primo di una serie di film che in qualche modo anticiperanno il filone comedy-poliziesco dell’accoppiata Bruno Corbucci/Tomas Milian, inaugurata tre anni dopo il Piedone di Steno con Squadra antiscippo (1976).
I De Laurentiis, una dinasty tra passato e futuro
Se il cinema come spettacolo supera i 110 anni, la dinastia De Laurentiis viaggia ormai verso i 70, a partire dalle prime apparizioni sullo schermo dell’allievo-attore del Centro Sperimentale di Cinematografia, Agostino, classe 1919, divenuto in seguito il producer Dino, che gli americani hanno battezzato con il nome di “the Legend“.
Di poco posteriore, nell’immediato secondo dopoguerra, la discesa in campo del fratello maggiore Luigi (1917-1992), validissima spalla da subito e poi realizzatore in proprio; e l’organico familiare è completato ben presto dal fratello minore, Alfredo (1924-1981), apprezzato organizzatore generale.
Finché spunta Aurelio, figlio di Luigi; e mentre a Hollywood opera da tempo come attiva produttrice Raffaella, figlia di Dino, a Roma è già al lavoro un Luigi nipote, figlio di Aurelio, che nei voti del clan continuerà la tradizione.
Vittorio, Manuel e Christian De Sica: la passione si chiama cinema
Spesso e volentieri il Cinemaniaco si occupa della storia, delle opere e della vita delle grandi famiglie legate da un unico comune denominatore: il cinema. Quest’oggi non potevamo esimerci dal rendere omaggio ad una grande famiglia italiana, che ha fatto dello spettacolo, della musica e del cinema per l’appunto, la propria esistenza, la propria missione. Uno style tutto partenopeo, che porta i nomi di Vittorio, Manuel e Christian De Sica.
Vittorio De Sica, figlio di un impiegato di banca, Umberto, col quale aveva un rapporto molto bello e forte, e al quale dedicherà il suo film, Umberto D., già durante gli studi di ragioneria , ottiene un piccolo ruolo in un film muto diretto da Giancarlo Saccon, Il processo Clemenceau del 1917.
Carlo e Enrico Vanzina: fratelli del buonumore all’italiana
Fratelli di nascita, colleghi per professione. Sono Enrico e Carlo Vanzina, soprannominati i “fratelli della commedia italiana”, figli di Stefano, noto al grande pubblico come Steno, regista impegnato in prima linea negli anni d’oro della commedia all’italiana. Enrico e Carlo possiedono grazie al padre, una involontaria memoria storica che gli permette di ricordare il grande cinema in maniera privilegiata. Per i due, riportare a galla i ricordi del passato, non è solo un piacere ma addirittura un obbligo.
Andiamo a conoscere da vicino chi sono realmente i fratelli Vanzina, partendo dal primogenito di Steno, Enrico, nato a Roma il 26 marzo 1949, ottiene il “Baccalauréat” Francese al Liceo Chateaubriand di Roma nel 1966. Si laurea in Scienze politiche a Roma nel 1970, e nel 1971 ottiene una laurea in Sociologia alla Cattolica di Roma.