Die Hard-Duri a Morire, recensione

A New York, subito dopo un’esplosione in un grande magazzino, un uomo che si fa chiamare “Simon” (Jeremy Irons) telefona alle autorità e rivolgendosi all’Ispettore Walter Cobb (Larry Bryggman) si proclama esecutore dell’attentato e fa una richiesta piuttosto curiosa per un terrorista. Simon ordina che il poliziotto John McClane (Bruce Willis), al momento sospeso dal servizio, venga portato nel mezzo di Harlem e lasciato girovagare per le strade del quartiere con indosso un cartellone con una scritta a sfondo razzista. Nonostante la richiesta piuttosto folle Cobb decide di assecondarla e reintegrato McClane lo trasporta in loco, dove una volta scaricato solo il provvidenziale intervento di un negoziante di nome Zeus Carver (Samuel L. Jackson) salva McClane dal linciaggio. Quella per McClane e Carver sarà solo la prima tappa di un frenetico e perverso gioco a base di indovinelli ed esplosivi disseminati per la città, gioco che Simon ha ordito per tenere occupata la polizia, mentre con i suoi uomini prepara una rapina in grande stile.

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L’ultimo boy scout, recensione

Joseph Hallenbeck (Bruce Willis) non è più lo stesso dopo aver perso il suo lavoro nei servizi segreti a causa di uno scontro piuttosto duro con un senatore. Hallenbeck uno dei migliori agenti in circolazione, famoso nell’ambiente per aver salvato la vita al presidente Jimmy Carter e ora l’ombra di se stesso, sbronzo dalla mattina alla sera con una figlia adolescente che lo odia e un migliore amico con cui ha aperto un’agenzia di investigazioni e che scopre essere l’amante della moglie.

Hallenbeck nonostante il suo passato sembra impossibilitato ad uscire da una depressione che lo ha trasformato in un cinico ubriacone, capace solo di compiangersi e visto che comunque bisogna portare a casa la pagnotta, il detective nel frattempo accetta l’incarico di proteggere una spogliarellista, incarico che lo farà finire nel mirino di un paio di killer che uccideranno la ragazza.

Così mentre l’amico Mike finisce in mille pezzi grazie ad un autobomba, Hallenbeck si ritrova invischiato in un caso di corruzione di altissimo profilo che vede coinvolti il boss criminale Sheldon Marcone (Noble Willingham) e il senatore Sheldon Baynard (Chelcie Ross), proprio lo stesso Baynard che ha fatto licenziare Hallenbeck. In tutto questo marasma tra attentati, sparatorie e inseguimenti, l’ex agente viene aiutato dall’ex-campione di football e fidanzato della spogliarellista uccisa Jimmy Dix (Damon Wayans), espulso dalla NFL per un giro di scommesse clandestine.

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Shelter-Identità paranormali, recensione

Cara Harding (Julianne Moore) è una psichiatra forense che sta attraversando una profonda crisi personale, ha recentemente perso il marito ucciso da un balordo durante un tentativo di rapina ed è rimasta sola ad accudire la figlioletta Sammy (Brooklynn Proulx), a supportarla in questo momento di difficoltà il fratello Stephen (Nate Corddry) e il padre anch’egli eminente psicologo.

Sarà proprio il professor Harding ha proporre alla figlia ormai disillusa un caso che desterà la sua curiosità e che potrebbe essere la prova definitiva della sua teoria secondo la quale il disturbo della personalità multipla non è una reale patologia, ma solo un mero escamotage di molti criminali e dei loro collegi di difesa per invocare e rafforzare fasulle tesi di infermità mentale onde evitare la pena capitale.

Il caso in questione non ha un solo nome, ma addirittura tre, David, Adam e Wesley (Jonathan Rhys Meyers), tre personalità distinte che si alternano in un unico corpo, ma quello che lascia Cara interdetta sono alcune impressionanti reazioni psicosomatiche del ragazzo durante il passaggio da una personalità all’altra, il fatto che le personalità siano tutte vittime di efferati omicidi e cosa ancor più inquietante e che più il caso si fa complesso e il mistero s’infittisce, più su famiglia ed amicizie della donna sembra incombere minacciosa una palpabile presenza sovrannaturale.

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Die Hard-Vivere o morire, recensione

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La sicurezza nazionale è messa in pericolo da un imminente attacco cyberterroristico che costrigerà l’FBI ad un rastrellamento di tutti gli hacker schedati ed in attività, causa la divulgazione di  un filmato che mostra un’inquietante anteprima simulata dell’imminente cataclisma informatico.

Molti degli hacker coinvolti nell’operazione vengono eliminati con attentati dinamitardi su ordine del folle genio informatico Thomas Gabriel (Timothy Holyphant), ad uno di loro, Matthew Farrell (Justin Long), viene assegnato come scorta il detective della polizia di New York John McClane (Bruce Willis).

McClane dopo aver salvato in extremis Farrell da una cruenta eliminazione, si troverà ad affrontare un’interminabile e rocambolesca fuga con il prezioso testimone, schivando proiettili e pestando terroristi, insomma da qualche decennio a questa parte la routine di una giornata di lavoro per l’intrepido poliziotto, naturalmente la missione è impedire a qualunque costo che il nerd tiri le cuoia.

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Trappola di cristallo, recensione

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John McClane (Bruce Willis) è un poliziotto di New York in trasferta natalizia in quel di Los Angeles per incontrare la moglie, donna in carriera in un’importante multinazionale giapponese e con cui cerca di ricomporre i pezzi di un matrimonio in crisi.

I dipendenti della multinazionale e la moglie di McClane, si trovano ad un party aziendale organizzato per le festività che si svolge nella sede centrale della società, l’avveniristico grattacielo Nakatomi Plaza. McClane viene prelevato all’aeroporto da una lussuosa limousine e portato al party, dove però nel frattempo la situazione è precipitata con l’incursione di un gruppo di terroristi che si è infiltrato nel grattacielo sequestrando gli occupanti, moglie di McClane compresa.

Scopo del sequestro è trattare con le autorità onde negoziare la liberazione di alcuni prigionieri politici, in realtà il fine ultimo del capo dei sedicenti terroristi europei, Hans Gruber (Alan Rickman), è un caveau dotato di avanzatissimi sistemi di sicurezza, e mentre Gruber guiderà l’assalto al caveau, McClane in solitaria comincerà la sua piccola guerra personale cercando di salvare la moglie e la pelle.

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B-cult: B13

B13-Banlieue 13, distribuito per il solo mercato Home video è un action movie frenetico con un look molto americano, il film è francese, Luc Besson è il cervello dell’intera operazione, il giovane e talentuoso Pierre Morel dietro la macchina da presa, talento che rivedremo all’opera nel thriller-action made in Hollywood Io vi troverò con Liam Neeson.

Il perno su cui ruota tutta l’adrenalinica sceneggiatura e il tentativo di Leito, detenuto evaso esperto di Free running o Parkour che dir si voglia, uno sport estremo altamente spettacolare fatto di salti e acrobazie varie, e di Damien, un poliziotto sotto copertura esperto di arti marziali, di bloccare un folle boss della droga in procinto di lanciare su Parigi un missile nucleare trafugato.

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Mary Elizabeth Winstead: recitare per un sogno

Mary Elizabeth Winstead, nasce a Rock Mountain (North Carolina-USa) il 26 Novembre 1984, fin da bambina dimostra una grande predisposizione per la danza, mary è così talentuosa che ad undici anni frequenta la prestigiosa Geoffrey Ballet School di New York, in parallelo inizia a studiare recitazione inconsapevole dell’importanza che quest’ultima avrà nella sua vita.

L’attrice proviene da un famiglia numerosa, tre sorelle ed un fratello, la passione per la danza viene in breve tempo sostituita da un’inclinazione all recitazione che prende il sopravvento e la porta a debuttare con successo in alcuni spettacoli di Broadway, poi arriva la notorietà e la visibiltà con la serie tv Il tocco di un angelo, la tv le regalerà altri ruoli nei serial Tru calling, Wolf Lake e nella soap Passions.

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La verità è che non gli piaci abbastanza: Amore ed equivoci a Baltimora

Esce in questi giorni nei cinema americani La verità è che non gli piaci abbastanza, commedia dal chilometrico titolo che ci racconta l’amore e le sue conseguenze in una serie di episodi ed eventi intrecciati tra loro, in una sorta di crossover romantico che ci descrive con un tono leggero ed ironico la continua e a volte infruttuosa ricerca dell’anima gemella tra appuntamenti al buio, tradimenti, corteggiamenti ed equivoci vari, il tutto ambientato in una sorprendente e romantica Baltimora.

Il film è tratto dall’omonimo romanzo scritto a quattro mani da Greg Behrendt e Liz Tuccillo, al timone di questa comedy corale, Ken Kwapis, suoi il divertente Licenza di matrimonio con Robin Williams e l’adolescenziale Quattro amiche e un paio di jeans.

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Recensione: Hostage

Jeff Taley è un agente di polizia esperto in sequestri con ostaggi, le sue peculiarità  sono grande capacità decisionale e sangue freddo che gli permettono in situazioni estreme di salvare molte vite innocenti.

Purtroppo un complicato sequestro, in cui il poliziotto non prevede adeguatamente le mosse del folle di turno, costa la vita ad un ostaggio, un ragazzino innocente, per Talley è la fine di una brillante carriera.

Qualche tempo dopo il nostro eroe, ormai divorato dai sensi di colpa è costretto a rientrare in gioco, la sua famiglia è in pericolo, e Talley sarà costretto a collaborare con un’organizzazione criminale che l’ha sequestrata.

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