La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è alle porte. L’edizione di quest’anno, la numero settanta, varrà al Festival la Palma di più longevo tra tutte le rassegne dedicate alla settima arte. Per un traguardo così importante sono state fatte le cose in grande. Ma il cinema che guarda al futuro non dimentica mai veramente del suo passato. Gli architetti della casa vanno rispettati sempre e comunque, per il bene stesso delle sue ‘fondamenta’. E c’è chi ha naturalmente pensato di omaggiare i ‘pilastri’.
Damiano Damiani
I bruttissimi: Alex l’ariete
Per la serie a volte ritornano, ecco a voi Alex l’ariete, con il campione di sci Alberto tomba e la futura starlette della tv italiana Michelle Hunziker.
Pensavate che ormai fosse morto e sepolto questa sorta di strano e a tratti surreale esperimento di fiction tele-cinematografica nato per sfruttare il momento gossipparo di Tomba che all’epoca si guadagnava servizi e copertine con liti furibonde con i paparazzi e filarini estivi da Novella 2000.
Ecco l’idea geniale di qualche produttore in cerca di grana facile e convinto che gli spettatori siano degli ebeti, sfornare un trashone di quelli doc, di quelli che si tende a rimuovere, che una volta visti finiscono nell’oblio, dimenticati, rimossi.
Recensione: Il giorno della civetta
Il capitano Bellodi ufficiale dell’arma dei carabinieri, di origine settentrionale, indaga sull’omicidio di stampo mafioso di un imprenditore edile avvenuto in un piccolo centro della Sicilia.
Salvatore Colasberna, questo il nome della vittima, si presume avesse rifiutato di cedere un appalto ad una ditta colusa con la mafia locale, l’omicidio avviene nei pressi dell’abitazione dela famiglia Nicolosi, il giorno suìccessivo all’omicidio, anche Nicolosi sparisce lasciando sole la moglie Rosa (Claudia Cardinale) e la figlioletta.
L’ingranaggio mafioso si mette in moto cercando di far passare l’omicidio dell’imprenditore come omicidio a sfondo passionale perpretato dal Nicolosi, che dopo essere venuto a conoscenza della relazione del Colasberna con sua moglie Rosa, in preda alla gelosia lo aveva ucciso e in seguito si sarebbe dato alla latitanza.
Il capitano Bellodi non si lascia trascinare in questa fantasiosa ricostruzione, continua le indagini e tra mille difficoltà riesce a far arrestare il boss mafioso don Mariano, cervello dell’operazione di insabbiamento, ma i suoi sforzi si riveleranno vani perchè il sistema si dimostrerà irrimediabilmente malato.