Finalmente è pronto per approdare nelle nostre sale il nuovo film di Terrence Malick, in Italia uscirà il 18 mentre proprio oggi c’è stata la proiezione in concorso a Cannes nella Selezione ufficiale, solitamente abbiamo l’abitudine di aprire le nostre recensione con un sunto della trama, ma in questo caso siamo di fronte a qualcosa di così particolare da rendere il fil rouge che lega l’intera opera, una famiglia del Midwest americano degli anni ’50 raccontata attraverso gli occhi di un adolescente, con incipit ed epilogo che ci mostrano rispettivamente genesi della vita sulla Terra e una delle molteplici e infinite dimensioni spirituali che la morte potrebbe rappresentare, diventare semplice cornice di un’opera visivamente potente, tanto ambiziosa quanto affascinante e meno criptica di come potrebbe apparire a prima vista.
Malick ci pone di fronte alla meraviglia della vita e l’approccia scientificamente e spiritualmente, ci presenta un uomo preda delle sue pulsioni, delle sue emozioni, ma anche un uomo che vive confusamente a mezzavia tra intelletto e anima, che perde e ritrova la fede, che odia il proprio padre a tal punto da desiderarne la morte, ma anche capace di teneri slanci in cerca di una figura paterna ruvida, violenta e intransigente, la famiglia come centro dell’esistenza, come perpetuazione della specie e come fonte di vita.