Si è spento stamane all’età di ottantanove anni in un ospedale di Atene, dove era ricoverato da dieci giorni, il regista greco-cipriota Michael Cacoyannis. Dopo aver studiato in gioventù giurisprudenza, Cacoyannis si dedicò alla tv realizzando documentari per la britannica BBC durante la seconda guerra mondiale, ma fu solo dopo il suo ritorno in patria negli anni ’50 che riuscì a debuttare con il suo primo lungometraggio per il grande schermo, Windfall in Athens/Kyriakatiko xypnima (1954).
Anthony Quinn
Il profumo del mosto selvatico, recensione
Tornato dalla guerra Paul Sutton (Keanu Reeves) ritrova in casa una moglie scostante e un’aria tutt’altro che accogliente, cosi riprende il suo lavoro di rappresentante di cioccolatini che lo porta in lungo e in largo per il paese armato del suo dolcissimo campionario.
Durante un viaggio in corriera Paul conosce ed aiuta una giovane studentessa di origine messicana, che dopo un malore gli confessa di aspettare un bambino dal suo professore che non ha nessuna intenzione di prendersi alcuna responsabilità.
La ragazza è terrorizzata perchè sta tornando dalla sua famiglia a cui dovrà dare l’infausta notizia spezzando il cuore a suo padre, così in men che non si dica il buon Paul, non immune la fascino della ragazza e con una genuina intenzione di far del bene, si spaccerà per il marito accompagnando la ragazza nella tenuta vinicola dei genitori di lei, produttori di vino di antica tradizione.
I cannoni di Navarone, recensione
Seconda guerra mondiale, sull’inespugnabile isola greca di Nekos una divisione di fanteria inglese deve essere evacuata prima che le forze naziste possano intercettarla, purtoppo a guardia dell’isola due potentissimi cannoni piazzati nella vicina isola di Navarone coprono l’intera zona, inutili le incursioni aeree per renderli inoffensivi.
Il comandante Jensen (James Robertson Justice) ha l’arduo compito di portare a termine il recupero, così organizza una missione a cui partecipano alcuni militari tra cui l’ex colonnello dell’esercito greco Andrea Stavrou (Anthony Quinn) e il caporale John Miller (David Niven) chimico esperto di esplosivi, e il trafficante e malavitoso Spyros Pappadimos (James Darren) che conosce l’isola e fungerà da guida.
La missione consiste nel penetrare la fortezza di roccia e mettere fuori uso la batteria di cannoni, una volta giunti sull’isola la squadra usufruirà dell’assistenza di un gruppo di partigiani che attendono il loro arrivo, purtroppo tra di loro si cela un traditore.
Revenge-Vendetta, recensione
Jay (Kevin Costner) pilota di caccia in congedo, si lascia tentare da una bella vacanza messicana offertagli dall’amico di vecchia data e boss criminale Tibey (Anthony Quinn), quest’ultimo vive in una blindatisima villa da sogno, circondato da guardie del corpo e in compagnia della bella e giovane moglie Mirya (Madeleine Stowe).
Mirya è molto più giovane del vecchio boss, l’arrivo nella sua vita del prestante e fascinoso Jay non sarà indolore, tra poesie e sguardi di fuoco l’attrazione tra i due si farà sempre più incontrollabile e pericolosa. Fortunatamente Tibey ha un debito con Jay, quest’ultimo gli ha salvato la vita, e quando la relazione tra i due viene allo scoperto, visti i precedenti, Jay se la cava solo con un sonoro pestaggio.
A Mirya andrà molto peggio, finirà in un bordello messicano di quelli da incubo, uno di quelli gestiti dagli uomini di Tibey. La punizione sarà estrema, la donna verrà drogata e subirà sevizie e indicibili violenze, ma Jay non ha lasciato il Messico, medita vendetta e non ha nessuna intenzione di rinunciare a Mirya.
I bruttissimi: Avenging Angelo-Vendicando Angelo
Sylvester Stallone è uno di quegli attori dotati di una indubbia fisicità ed un certo carisma che ben sopperiscono, la maggior parte delle volte almeno, alle evidenti carenze a livello interpretativo. Purtroppo queste carenze diventano macroscopiche quando vengono evidenziate da pelicole come Avengin Angelo che puntano sul romance e sulla recitazione invece che sull’action e sul carisma.
Avenging Angelo è decisamente un bruttissimo, mostra una evidente serie di pecche che ne minano qualsiasi velleità artuistica, girato senza un minimo di personalità dal regista Martin Burke che gli affibbia un sonnolento look televisivo.
I De Laurentiis, una dinasty tra passato e futuro
Se il cinema come spettacolo supera i 110 anni, la dinastia De Laurentiis viaggia ormai verso i 70, a partire dalle prime apparizioni sullo schermo dell’allievo-attore del Centro Sperimentale di Cinematografia, Agostino, classe 1919, divenuto in seguito il producer Dino, che gli americani hanno battezzato con il nome di “the Legend“.
Di poco posteriore, nell’immediato secondo dopoguerra, la discesa in campo del fratello maggiore Luigi (1917-1992), validissima spalla da subito e poi realizzatore in proprio; e l’organico familiare è completato ben presto dal fratello minore, Alfredo (1924-1981), apprezzato organizzatore generale.
Finché spunta Aurelio, figlio di Luigi; e mentre a Hollywood opera da tempo come attiva produttrice Raffaella, figlia di Dino, a Roma è già al lavoro un Luigi nipote, figlio di Aurelio, che nei voti del clan continuerà la tradizione.