Recentemente il regista Dario Argento ha deciso di chiudere la trilogia delle Tre Madri inaugurata nel 1977 con Suspiria e proseguita nel 1980 con Inferno, concludendola con un capitolo eccessivo e forse stilisticamente troppo distante dall’idea sperimentale e pregna di suggestioni che aveva accompagnato i primi due capitoli.
Suspiria è la prima vera incursione nel sovrannaturale di Argento, dopo una serie di magistrali thriller tra cui il cult Profondo rosso, il regista ci accompagna per mano in una suggestiva fiaba nera che ci narra di magia e omicidi, ambientata in un antica scuola di danza, dove un giovane alunna scoprirà l’esistenza di una setta di streghe molto antica, capeggiata dalla famigerata Regina nera, nota anche come Mater Suspiriorum, mostruosa entità dedita a rituali magici e sacrifici umani.
Quello che colpisce non è tanto la trama, che segue il classico percorso del racconto horror-gotico inserendolo nel quotidiano, ma la messinscena che si avvale di una fotografia che ricorre a suggestioni cromatiche complesse e ricercate, unita ad una colonna sonora, composta dai Goblin in collaborazione con lo stesso Argento, che miscela cantilene da incubo all’estremismo di sonorità sperimentali taglienti, suggestive e dall’effetto straniante.
Aggiungiamoci il gusto per l’omicidio coreografato che contraddistingue lo stile del regista, una massiccia dose di input ansiogeni e capiremo ben presto di trovarci di fronte ad un cult a tutti gli effetti, che ancora oggi, per il coraggio nello sperimentare viisivamente nuovi territori, fa scuola.
Il secondo capitolo della trilogia, Inferno ricalca l’impronta visiva del primo film, ha un ambienatzione ancor più suggestiva del capitolo precedente, ma non ha la forza immaginifica del suo precedssore diventandone così una sorta di fascinoso ma incompleto sequel. In un antico palazzo una presenza malvagia vecchia di centinaia di anni, nonchè personificazione della morte, la potentissima Mater Tenebrarum, si nasconde agli occhi degli esseri umani, ma il suo riposo verrà disturbato da uno studente di musica troppo curioso.
Con il terzo capitolo si fa un salto temporale di oltre vent’anni, Roma diventa il teatro della resurrezione della Terza Madre, la bellissima e letale Mater Lacrimarum, che utilizzerà i suoi poteri per portare la follia nelle strade della Capitale e le sue adepte per mietere vittime in suo nome.
Questo film arriva dopo un eccessivo lasso di tempo dal secondo capitolo, in più di un’occasione si sfiora il kitsch e l’eccesso, forse se non si fosse cercato un collegamento forzato con i due capitoli precedenti ne sarebbe uscito un interessante omaggio allo splatter degli anni ’80 e una rivisitazione del neonato torture-porn in un provocatorio ibrido che un regista del calibro di Argento avrebbe potuto plasmare a sua immagine.