Victor Mancini (Sam Rockwell) ha alle spalle un’infanzia problematica e mancante di qualsivoglia figura di riferimento. Una madre schizofrenica che ne ha irrimediabilmente segnato in negativo la crescita e un padre mai conosciuto, fanno di Victor un ragazzino sballottato da una madre affidataria all’altra e cresciuto nell’incertezza.
Victor si ritrova così a vivere l’età adulta sul filo dell’anaffettività, ancorato ad una perenne ricerca d’affetto attraverso l’ossessione del sesso, che ne segna il quotidiano a tal punto da dover frequentare delle riunioni che lo dovrebbero aiutare a controllare questo istinto compulsivo simile alla tossicodipendenza.
Tra una riunione e l’altra Victor si reca quotidianamente dalla madre ricoverata in una clinica, ha un lavoro come comparsa in un parco che ricostruisce eventi storici, e per pagare la sempre piu esosa retta della clinica, ogni sera si reca in un ristorante diverso e finge di soffocare per essere aiutato da qualche cliente che diventerà per Victor, in seguito ad una strana reazione emotiva, una fonte di guadagno.
Soffocare è tratto da un libro di Chuck Palahniuck noto ai più per il suo romanzo Fight Club, trasposto sullo schermo da David Fincher. In un’intervista lo scrittore sentenzia Il cinema è il nemico e io voglio riportare la gente alla lettura, provocazioni a parte, lo stile di questo autore è nato per il grande schermo, poichè ricco di dialoghi surreali, personaggi borderline e perdenti che hanno il sapore del cinema e che non sfuggono al bisogno di incarnarsi in volti e corpi imperfetti.
Parafrasando il titolo di un film di George Clooney, potremmo sottotitolare questo film Confessioni di una mente lussuriosa, ecco a cosa assistiamo durante la visione, ma invece che ad una sequela di immagini pruriginose, ascoltiamo l’evolversi di una consapevolezza di malessere, di una ricerca di amore e della voglia forte di avere delle radici.
L’attore Clark Gregg debutta alla regia con tutto il bagaglio interpretativo del caso, imperfetto come i personaggi che racconta, ma dotato di una mano leggera che rende anche le scene più forti sostenibili, mai gratuite e sempre parte indispensabile del racconto, il resto è un sorprendente Sam Rockwell, una grande Anjelica Huston e la caustica e cinica ironia di un grande scrittore.