E’ morto ieri nella sua casa di Manhattan a New York, all’età di ottantasei anni, il regista e produttore americano Sidney Lumet. L’uomo da tempo aveva un linfoma. La notizia è stata data dalla figlia al New York Times.
Sidney, figlio d’arte (il padre era l’attore Baruch Lumet, la madre la ballerina Eugenia Wermus), nasce a Philadelphia il 25 giugno del 1924 e sin da piccolo si interessa al mondo dello spettacolo, recitando in numerosi spettacoli teatrali.
A trentatre anni, dopo numerose esperienze televisive (attività che sospenderà tra gli anni sessanta e il duemila), esordisce dietro la macchina da presa con La parola ai giurati (1957) con Henry Fonda, poi dirige Quel tipo di donna (1959) con Sophia Loren, Pelle di serpente (1960) con Anna Magnani e Marlon Brando, poi A prova d’errore (1964) con Henry Fonda e La collina del disonore (1965) con Sean Connery. Gli anni settanta lo consacrano nell’Olimpo dei cineasti grazie a pellicole come Serpico (1973) con il giovane Al Pacino, Assassinio sull’Orient-Express (1974) con Ingrid Bergman, Lauren Bacall, Anthony Perkins, Sean Connery, Vanessa Redgrave e Albert Finney, Quel pomeriggio di un giorno da cani (1975), nuovamente con Al Pacino, e Quinto Potere (1976) con Peter Finch e Faye Dunaway, che gli frutta quattro Oscar (anche se il riconoscimento personale dall’Academy arriverà soltanto nel 2005 con l’Oscar alla carriera).
Tra gli anni ottanta e la fine degli anni novanta bissa i successi precedenti con film come Trappola mortale (1982) con Michael Caine, Il verdetto (1982) con Paul Newman, Il mattino dopo (1986) con Jane Fonda e Sono Affari di famiglia (1989) con Sean Connery e Dustin Hoffman. Tra il 2000 e il 2010, infine, gira solo due film Prova a incastrarmi (2006) e Onora il padre e la madre (2007).
Nella sua lunga attività Lumet, oltre al già citato Oscar alla carriera, è stato nominato quattro volte dall’Academy come miglior regista (La parola ai giurati, Quel pomeriggio di un giorno da cani, Quinto potere, Il verdetto) e una volta come miglior sceneggiatore di storia non originale (Il principe della città), ha vinto altri trentadue riconoscimenti (e ottenuto trentasei nomination) tra i quali: un Orso d’oro nel 1957 con La parola ai giurati e un Golden Globe per Quinto potere.