Il giornalista Ike Graham (Richard Gere) è in cerca di un bell’articolo di colore, di quelli un pò curiosi che attirano i lettori meno smaliziati, così durante una bevuta in un bar incontra uno sposo depresso abbandonato all’altare, che gli racconta la storia di una sposina da corsa che sistematicamente, una volta raggiunto l’altare, fugge a gambe levate lasciando sposo, prete ed ospiti con un palmo di naso.
Ad Ike diverte molto la storia, si mette al lavoro, una ritoccatina qui, una lì, qualche coloritura di troppo e dopo la pubblicazione incappa nelle furibonde ire della sposina da corsa in questione, la bella Maggie Carpenter (Julia Roberts), ormai spassosa leggenda nella sua cittadina e ora grazie ad Ike anche in tutta la nazione.
Ike è costretto a raggiungere la ragazza e a confutare il suo articolo con prove certe e fonti un tantinello più attendibili di uno sposo mollato all’altare e oltretutto sbronzo. Così raggiunta al cittadina di Maggie, il giornalista, come da copione la comincia a tampinare, si insinua lentamente nella sua vita fino a far breccia nel cuore della ragazza.
Nove anni dopo il successo di Pretty Woman, il terzetto responsabile di uno dei film romance piu amati della storia del cinema, si riunisce per ricordare i vecchi tempi e sembra con discreti risultati.
Con Se scappi ti sposo, la magia da fiaba moderna di Pretty Woman va un pò persa, ma rimane l’indiscutibile alchimia tra i due protagonisti, un irresistibile mix di fascino e simpatia, e l’esperienza del regista Garry Marsahll ( Pretty Princess, Principe azzurro cercasi) che utilizza il sempre redditizio genere nuziale in una maniera alquanrto singolare, regalandoci un romance leggero, ricco di divertenti spunti comedy.
Se scappi ti sposo dopo alcuni minuti di fisiologico rodaggio, una volta riunita la coppia, decolla, regalandoci più di qualche esilarante momento e giocando non poco sull’effetto nostalgia che il duetto Gere/Roberts irrimediabilmente innesca, certo è palese l’intento di far cassa con qualcosa di relativamente sicuro, ma se il risultato è una gradevole pellicola che non chiede null’altro che intrattenere piacevolmente, sorvoliamo volentieri sul lato meno artistico dell’operazione.