Il regista Viktor Taransky (Al Pacino) non sta attraversando un momento particolarmente felice, i suoi ultimi film non hanno riscosso il successo previsto e l’ultima sua pellicola, quella che potrebbe trasformarsi tanto nel suo canto del cigno quanto in una sua rinascita e rivalutazione artistica è messa in pericolo dalla solita star viziata e capricciosa in cerca d’attenzione.
Stavolta sembra davvero la fine, se non fosse che la tecnologia virtuale arriverà in soccorso del sempre più sconfortato Taransky, un simulatore d’attrice, sofisticato software che genera in men che non si dica una affidabile e docile star concepita a tavolino che sfornerà la bellissima diva Simone, pronta ad incantare intere platee di spettatori e risollevare la carriera del regista, e perchè no a diventare la diva nel nuovo millennio.
Simone non solo sfonda, ma va ben oltre, viene idolatrata da milioni di spettatori, spasmodicamente cercata, e se all’inizio Taransky riuscirà con qualche escamotage a mostrarla in pubblico, quando la pressione dei media e dell’opinione pubblica si farà insostenibile il regista si troverà nei guai, perchè il suo continuo rifiuto di mostrare la sua creatura innescherà una serie di sospetti, finchè una sua dichiarazione che Simone sarebbe morta in un tragico incidente, porterà Taransky dritto in prigione.
Il regista Andrew Niccol torna a parlarci dei pericolosi e nefasti effetti collaterali della dipendenza da tecnologia, ma anche dello show-business e della vacuità della fama, stavolta però lo fa in un ironica chiave comedy, una via di mezzo tra le atmosfere malinconiche e surreali del suo The Truman Show, Niccol ne ha curato la sceneggiatura e l’inquietante futuro hi-tech a base di eugenetica e DNA del suo esordio come regista, Gattaca-La porta dell’universo.
La sceneggiatura non sempre all’altezza mette però sullo schermo un bel pò di intrigante materiale su cui riflettere, che se ci trastulla emotivamente con un’inedita performance comedy di Pacino, bravissimo anche se siamo ben lontani dall’optimum, il registro dell’attore è poco consono al genere, dall’altra ci racconta della pericolosità della tecnologia come strumento d’intrattenimento totalizzante, dove l’umanità che nel film è rappresentata dall’anima di Simone, il suo pigmlione/creatore Taransky, rischia di abusare di un pubblico troppo addomesticato da tv e globalizzazione mediatica.
S1m0ne resta un buon film, con un grande protagonista e un messaggio di fondo intelligente e provocatorio, che alla fine della visione non può, nonostante l’atmsfera light che permea tutta la pellicola, non instillare un ragionevole dubbio: in tempi come questi, dove l’intrattenimento è globale e sempre più virtuale, e dove robot e intelligenza artificiale sono più materiale da Tg che da sceneggiature, la diva virtuale di Niccol quanto diritto ha di continuare ad esistere a prescindere dal volere del suo creatore?