Dopo un incipit in cui nel mezzo del deserto californiano un poliziotto appena uscito dal bagagliaio di una macchina si rivolge ad un platea di spettatori lanciandosi in una digressione sull’insensatezza come elemento nella vita reale e nella messinscena filmica, assistiamo al risveglio di Robert uno copertone abbandonato in una discarica a cielo aperto che muove i suoi primi passi scoprendosi dotato di poteri telecinetici capaci di far saltare letteramente in mille pezzi esseri viventi.
Fatta un pò di pratica con un qualche insetto, il copertone passa ad un coniglio selvatico e poi ad un volatile fino a che imboccata una strada statale prima incontra una bella automobilista che comincia a pedinare, poi incrocia un uomo intento a far benzina a cui riesce a far saltare la testa, infine sempre seguendo la bella automobilista arriva in uno sperduto motel e qui dopo l’ennesimo cranio deflagrato viene circondato dalla polizia.
Nel frattempo a qualche chilomettro di distanza gli spettatori che armati di binocolo stanno assistendo allo svolgimento del film verranno avvelenati così che nessuno debba cercare di trovare un finale al delirio messo in scena sino a quel momento, purtroppo uno degli spettatori scampa all’attentato e a cast e regista toccherà inventarsi qualcosa per arrivare indenni ai titoli di coda.
Il regista e musicista francese Quentin Dupieux, noto in patria anche con lo pseudonimo di Mr. Oizo, si cimenta con un surreale e piuttosto striminzito canovaccio a tinte horror-comedy che gli permette di mettere in scena un divertito omaggio oltremodo cerebrale al cinema di genere, dandogli una sin troppo ricercata veste d’autore e non lesinando numerosi omaggi più o meno espliciti al cinema thriller-horror di sempre, tra questi teste che esplodono alla Scanners, una sequenza di abbuffata con tacchino degna degli zombie di Romero o dei cannibali di Deodato, un’immancabile sequenza voyeuristica con donna sotto la doccia e poi la tipica ambientazione da road-movie cara a tanti horror anni ’70-’80 tra i quali ricordiamo su tutti The Hitcher.
Se il finale escogitato dal regista senza dubbio intriga, il tallone d’Achille di tutta operazione risulta essere l’eccessiva lunghezza della pellicola, il cui script dilatato oltre il dovuto sembra in realtà concepito per un più consono formato cortometraggio/mediometraggio e naturalmente il protagonista/pneumatico killer che se a sprazzi risulta piuttosto efficace, alla lunga si dimostra non dotato del carisma necessario a trasformarsi in un villain degno di questo nome.
Rubber pur mostrando un’originalità che è merce rara e che andrebbe premiata a prescindere, si presta senza dubbio più ad una visione casalinga che ad un transito su grande schermo, in questo caso si è voluto portare il cinema di genere all’estremo opposto, ibridandolo con un cinema d’autore all’insegna della sperimentazione che ne ha in parte fiaccato le molte potenzialità.
Note di produzione: il film è transitato al Festival di Cannes 2010 nella sezione Settimana della critica, nel cast Stephen Spinella/Tenente Chad (Milk), Jack Plotnick/Contabile (Mi presenti i tuoi?) e David Bowe/Sig. Hugues (Transformers 2).