Stamane presso il cinema Adriano, sede della quarta edizione del prestigioso Roma FictionFest 2010, cinema e tv si sono incontrati dando vita ad un nostalgico cortocircuito creativo, grazie ad uno degli ospiti d’onore della rassegna capitolina l’attore, sceneggiatore e regista Andy Garcia.
L’attore statunitense di origini cubane che proprio in questi giorni è nelle sale italiane con il suo film City Island, approda nella Città eterna per ritirare un prestigioso riconoscimento insignitogli dagli organizzatori del festival.
Per l’occasione Garcia ripercorre trent’anni di attività nel mondo del cinema in una masterclass che più che una lezione di cinema diventa una vera e propria dichiarazione d’amore per il grande schermo, che l’attore sin dal suo esordio nel lontano 1983 nel romance di John G, Avildsen Nudi in paradiso non ha mai abbandonato.
Garcia ricorda la sua adolescenza da atleta e la malattia che intorno ai diciotto anni gli impedì di praticare sport, portandolo giocoforza a riscoprire una passione per la recitazione solo sopita che riuscì così ad emergere prepotentemente. Garcia cita tre dei suoi attori preferiti, Peter Sellers, Sean Connery e James Coburn, con questi ultimi due si rtorverà con sua grande sorpresa a lavorare nel corso della sua carriera, di Coburn ricorda la performance nel classico I Magnifici sette, di Connery invece lo splendido lavoro fatto insieme sul set de Gli intoccabili, gangster-movie di Brian De Palma.
Garcia si sofferma un istante sul 3D che pur intrigandolo come attore, lo lascia alquanto perplesso come regista ed autore e tanto per citare classici senza tempo ci riporta alla memoria il capolavoro di De Sica Ladri di biciclette, lasciando intendere che una storia con veri personaggi non ha bisogno di tanta tecnologia per arrivare al cuore dello spettatore.
Segue una nostalgica serie di ricordi che coinvolgono l’attore Mario Donatone che collaborò con Garcia a i tempi de Il Padrino III dove l’attore interpretava l’ambizioso Vincent Mancini nipote di Michael Corleone, Garcia ricorda con grande piacere il periodo passato in Italia e parla de Il Padrino di Coppola come uno dei film più belli della storia del cinema.
L’incontro si conclude con qualche accenno alla sua altra passione, la musica, l’attore suona piano e percussioni, un pensiero rivolto alla sua Cuba e qualche parola sul doppiaggio. che se pur di alto profilo ricorda l’attore, tende sempre a snaturare il cuore di qualsiasi pellicola che va sempre vista quando è possibile in lingua originale.