Mary (Kate Dickie) e suo figlio Fergal (Niall Bruton) sono tra gli ultimi discendenti di una stirpe dotata di potenti poteri mistici e maestri nelle arti divinatorie, la donna all’età di quindici anni concepì suo figlio attirando su di se una terribile maledizione che la costringe da allora ad una perenne fuga e ad occultare se stessa e suo figlio utilizzando potenti incantesimi di protezione.
Mentre Mary trova un alloggio alla periferia di Edimburgo e Ferlang incontra la bella vicina di casa Petronella (Hanna Stambridge) di cui si innamora con grande disappunto della iperprotettiva madre, Cathal (James Nesbitt) padre di Ferlang ricevuti i segni e il permesso degli anziani, dopo essersi tatuato il corpo con potenti simboli mistici capaci di fargli da guida si mette sulle tracce di Mary e inizia uno scontro a distanza con la donna che li vedrà confrontarsi a più riprese su un piano mistico, lui cercando di individuare la posizione del figlio con l’intenzione di ucciderlo, lei sviandone i sensi e bloccandone i tentativi.
Così mentre Cathal si fa pericolosamente vicino e Mary cerca in ogni modo di dissuadere Petronella a frequentare il figlio, nei dintorni comincia ad aggirarsi nottetempo una creatura mostruosa che inizia a mietere vittime.
Stregoneria e mutaforma alla periferia di Edimburgo per il regista scozzese Colm McCarthy che miscela folklore gaelico, thriller sovrannaturale e un’intrigante location metropolitana alla Candyman per confezionare un intrigante horror che punta su attori di calibro e su corpose dosi di atmosfera, tenendo effetti speciali e mostruosità volutamente ai margini e lasciando che sia l’originale tematica di magia e misticismo trasposti con efficacia in un’ambientazione suburbana a creare la giusta carica ansiogena.
Gli effetti speciali sono ben dosati e di buona fattura, del cast segnaliamo l’efficace prova di un’intensa e oltremodo convincente Kate Dickie nel ruolo di una madre tanto disperata quanto determinata a proteggere ad ogni costo il frutto proibito del suo grembo e il finale che tra Wolfman e La mosca lascia aperta la possibilità ad un eventuale sequel.
Concludendo Outcast pur non svettando per confezione e mantenendo un profilo piuttosto basso nella messinscena, fruisce di una convincente atmosfera che sfrutta a dovere il poco praticato filone della stregoneria in celluloide regalando una buona dose di brividi.