C’è una novità. Una grande novità. Il pubblico americano, sembra amare per la prima volta il cinema black. Merito dell’effetto Barack Obama? Non è dato saperlo con certezza, ma le analogie dal punto di vista antropologico sono più che evidenti.
Gli Oscar, dunque, vedono un alto numero di film in cui i protagonisti sono ‘neri’, con storie che riguardano il più delle volte la ‘rivincita’ e l’emancipazione dei ‘neri’.
Basti pensare al successo d’autore di “12 anni schiavo”, alla candidatura di Chiwetel Ejiofor, o alla storia raccontata in “The Butler – un maggiordomo alla Casa Bianca” con Forest Whitehaker sugli scudi. Con lui c’è anche Oprah Winfrey, per un film che ha già incassato più di 170 milioni di dollari.
Segue, inoltre, l’inattesa affermazione di “Fruitvale Station”, con Michael B. Jordan e l’ottimo risultato della commedia “The best man holiday”. Quest’ultimo, da un investimento di 15 milioni di dollari si è ritrovato a incassarne quasi 80 al botteghino.
Storie e interpreti di colore, dunque, che il pubblico americano ha accolto con calore. Un ‘evento’, dal momento che si tratta di un pubblico tradizionalmente poco propenso a queste forme di ‘scambio’ interculturale.
Ora, si attende la primavera e l’arrivo di “Mandela: Long walt to freedom”, con Idris Elba come protagonista, nonché il musical “Black Nativity”.
Nel contempo, per ciò che riguarda i biopic è stato inaugurato con successo un filone dedicato ai grandi musicisti afroamericani. Si va da “Nina”, con Zoe Saldana nei panni di Nina Simone, a “Get on up”, con Chadwick Boseman nei panni di James Brown.