Un caloroso applauso ha accolto il regista Michael Mann all’affollata conferenza stampa organizzata per la presentazione del suo gangster-movie Nemico pubblico, che uscirà nelle sale italiane il 6 novembre.
Tanto calore è presto giustificato, insomma Mann ci ha regalato in questi ultimi anni delle vere perle che hanno saputo miscelare con una certa arguzia, tecnica, spessore e intrattenimento, cosa non semplice in una Hollywood sempre più distratta e protesa verso le nuove tecnologie ed il rispescaggio compulsivo testimoniato dai vari sequel, remake e reboot.
Mann racconta la sua scelta di ricostruire gli anni ’30 e una figura controversa come quella di Dillinger:
posso dirvi che ho sentito sin dall’inizio una grande empatia nei confronti di quest’uomo che negli anni ’30 ha fatto parlare di sé tutta l’America. Mi sono sentito molto affascinato e coinvolto emotivamente… Avevo voglia di immergermi completamente e di immergere il mio pubblico nell’esperienza di questo antieroe freddo e ambizioso riportandolo in vita, tornando indietro nel tempo.
Mann ricorda poi la sua meticolosa ricerca della perfezione nella riscostruzione scenografica di quegli anni, ma anche di una voglia di raccontare le persone e le emozioni cha hanno dato pathos ad un periodo confuso e disperato di un America che il regista ha vissuto attraverso i racconti dei propri genitori, girando il film nei luoghi della sua infanzia dove peraltro visse e morì lo stesso Dillinger.
Mann racconta anche il suo personalissimo Dillinger e il collegamento tra l’attuale crisi finanziaria e il periodo cupo narrato nel suo film:
A muovere Dillinger era la sua sete di vita, era un uomo giovane che dopo dieci anni di carcere uscì con addosso un appetito vorace che lo portò ad accaparrarsi tutto ciò che poteva nel minor tempo possibile. Un’aspirazione che condivideva con i suoi amici e colleghi. E’ così che in poco più di due mesi è nata la leggenda di Dillinger…è solo una coincidenza sfortunata. Questo difficile momento di crisi economica globale non era prevedibile quando ho iniziato a lavorare al film, e non era neanche prevedibile. Molti fanno film legati al momento storico attuale ma non è il mio caso.
Il regista prosegue puntualizzando di non essere interessato molto ai generi cinematografici, ma più che altro al racconto di un’epoca e di un periodo storico di transizione come quello narrato nel suo film in cui ci sono grandi sconvolgimenti economici e cambiamenti politici e sociali, poi si tocca il lato tecnico e la scelta ancora una volta di ricorrere al digitale.
ho provato sia il digitale che le riprese classiche su pellicola e il risultato è stato che le scene girate in modo classico restituivano meglio le sensazioni del periodo, mentre il digitale restituiva la realtà immediata di quel che avveniva in quel momento…
Mann descrive il suo modo di raccontare un Dillinger in divenire, niente preamboli sulla sua infanzia difficile, niente canonici e suggestivi incipit da classica biopic:
Mi serviva un modo immediato per raccontarla, volevo mettere il mondo di fronte a Dillinger senza raccontare troppo di lui, non ho mai pensato per esempio di iniziare dalla sua infanzia difficile o dalla vita da piccolo delinquente che aveva fatto prima di quel periodo. Questo potrebbe essere materiale per un docuimentario biografico di History Channel, volevo ben altro.
Il regista risponde ad una domanda che mette in campo la sempre attuale diatriba sulla manipolazione dei media, in questo caso rispetto alle figure centrali del film, il continuo bisogno di accaparrarsi il favore di stampa ed opinione pubblica sia da parte di Dillinger che della sua nemesi, l’ambizioso agente dell’FBI Melvin Purvis interpretato da Christian Bale:
Si tratta dell’origine della manipolazione dei media. La storia inizia con una grande propaganda sulla stampa ed era qualcosa di straordinariamente innovativo per l’epoca…L’America era unita dalla radio a quei tempi ma nel 1933 tutti iniziano ad andare al cinema e qualcosa di importante inizia a materializzarsi… L’idea geniale di J. Edgar Hoover il fondatore della neonata FBI, fu quella di veicolare sul grande schermo l’informazione anzichè usare i media, cosa che non era mai accaduta prima di quel momento preciso in cui Dillinger imperversava per le banche seminando confusione…Con il mio film ho voluto riportare alla ribalta un personaggio che la storia ha lasciato per troppo tempo indietro.