Muffa al cinema da oggi, con la benedizione di Nanni Moretti

Basri ha quasi sessant’anni. Per vivere fa il guardiano delle ferrovie. Ha passato gli ultimi diciotto anni inviando lettere alle autorità perché vuole avere notizie di figlio, sparito dopo un arresto per aver espresso opinioni politiche avverse al governo turco.

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Come ogni padre nelle sue stesse condizioni, Basri vuole riabbracciarlo o, almeno, vuole poterne seppellire i resti. La Polizia, però, blocca ogni suo tentativo da diciotto anni.

Come se non bastasse Basri è malato di epilessia, ma non lo sa nessuno. Vive da solo, alimentando i suoi respiri in attesa di un segno dalla storia che riguarda suo figlio. Quando quella risposta arriverà Basri sarà ancora più solo.

Questa è la storia di “Muffa“, un film dell’esordiente Ali Aydin. Un film dove c’è una fiammella sottile che brucia come un fuoco. Ali Aydin è un regista da tenere d’occhio. Il motivo? Le sue inquadrature e i suoi movimenti di macchina, già maturi e capaci di confluire, insieme, nel ritratto di un personaggio rinchiuso in un carcere esistenziale.

Lontano da qualsiasi legame sociale, Basri vive da solo in un villaggio di montagna dal quale s’incammina ogni mattina per macinare moltissima strada. Basri cammina a piedi. Guarda i binari ferroviari e respira il silenzio. Il filo sottile che lo tiene alla realtà è quel senso di vuoto provocato dalla scomparsa di suo figlio.

Stanza del figlio in salsa turca?

Non è un caso che Nanni Moretti abbia acquistato i diritti italiani di questo film, che peraltro ha vinto il Premio Opera Prima Luigi De Laurentis alla sessantanovesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia.