Melman: l’insicurezza ha il collo lungo

Ti guarda con quelli occhi che incorniciano un’espressione tra lo stanco e il languido, e mi rendo conto che anche lui, come tutti, pensa solo a stare bene, è che vi si concentra forse troppo, fino a perdere di vista il quadro generale del suo benessere.

Sembra reggersi a stento su quelle gambe lunghissime, è cosciente di apparire come appare, e sembra molto preparato sulle sue patologie, o quanto meno quelle che crede di avere. Mi stupisce la sua preparazione generale sui disturbi corporei. Il suo lungo, estesissimo corpo sembra contenere una fobia per ogni macchia.

L’insieme di aspettative tradite che traspaiono dalla sua voce incerta induce ad assumere una grande cautela nel relazionarsi con lui: si ha paura di spaventarlo, si ha paura di ferirlo senza volerlo. Si erge in alto, ma ti guarda con timore.

Melman non si allontana volentieri dai sui punti di rifrimento. Il lato negativo è che qualsiasi cosa, per lui, può diventare un punto di rifeirmento, basta che sia qualcosa di innocuo, possibilmente di fidato; la fobia sociale da cui sembra essere affetto non ha certo a che vedere alcunchè di traumatogeno.

La sua convinzione circa le malattie che dovrebbero affliggerlo/averlo afflitto in passato è comica, a tratti creativa. A volte lascia pensare che sia possibile, per una persona, essere sorretto dalle proprie stesse patologie.

Lo guardo un pò preoccupato, le dimensioni in fondo dovrebbero contare, almeno all’apparenza. Con un corpo come quello, di malattie se ne possono inventare parecchie. Le sue gambe lunghe lunghe sembrano a tratti non sorreggerlo a causa di una qualche insufficienza, che subito al primo sguardo ha l’aria di essere qualcosa di psicogeno.

Le patologie in lui sembrano tenersi reciprocamente per la mano, sembrano sorreggersi come una collana attorno al suo collo. Mentre cammina scivola, perchè qualcosa alle giunture non va come dovrebbe. Quando si tratta di scappare, però, le gambe funzionano, e alla grande, caso strano.

La difficoltà sta proprio nel non poter trasmettere lo stato delle cose, nel non potergli far comprendere che in realtà, se prendesse coscienza della totale assenza di patologie nel suo organismo, potrebbe guardare dall’alto in basso, veramente, intendo dire, anche l’altezzoso Alex.

La sua statura non gli rende giustizia, e una volta ancora ci si rende conto di quanto non siamo bravi a stimare le risorse delle persone. E’ sempre più evidente che la vera difficoltà sta nel trovare i veri punti di forza delle persone, e sfruttarli per spingerli a usarli per tirarsi fuori dalle pastoie della patologia.

A volte si tratta semplicemente di ascoltare in modo attento chi ti parla, solo che, trattandosi di Melman, si rischia a volte di perdersi nella scarsa affidabilità tipica di chi si sente addosso tutti i mali del mondo.

Per questo non è semplice relazionarsi con lui, che rappresenta uno degli aspetti fondamentali di quella sgangherata cricca di animali che si è andata a smarrire in Madagascar; non sembrano forse essere quattro parti complementari di una personalità, diciamo, normale (o forse sarebbe meglio dire “completa”)?

Dopo tutte queste considerazioni, tuttavia, pensandoci e ripensandoci, mi rendo conto che in fin dei conti potrebbe aver ragione Melman, quando dice di essere malato: del resto l’ipocondria è o non è una malattia?