Seguiamo le avventurose peripezie del giovane reporter Tintin (Jamie Bell) che in un mercato all’aperto acquista un modello in scala di una vecchia nave chiamata l’Unicorno, trovandosi da subito alle calcagna due uomini piuttosto insistenti che hanno messo gli occhi sul medesimo oggetto e sembrano sin troppo ansiosi di entrarne in possesso riacquistandolo dal ragazzo. Tintin rifiuterà e una volta resosi conto che la nave contiene un indizio vitale circa l’ubicazione di un tesoro scomparso, finirà per essere rapito ritrovandosi prigioniero sul Karaboudjan, un’imbarcazione sotto il comando del capitano Archibald Haddock (Andy Serkis), un vecchio lupo di mare con la passione per la bottiglia. Scopriremo così che Haddock è l’ultimo discendente di Sir Francis Haddock, un capitano del 17° secolo che ha perso il suo vascello, l’Unicorno, in una battaglia contro i pirati. Haddock aiuterà Tintin a fuggire e insieme cominceranno un entusiasmante e perigliosa caccia al tesoro che li porterà in giro per il mondo, nel tentativo di svelare il misterioso segreto dell’Unicorno.
Bisogna ammettere che il debutto di Steven Spielberg nel motion capture strabilia per fotorealismo, scelta che però non sacrifica mai l’origine fumettistica dei personaggi e riesce a convincere anche chi come noi non ha mai amato molto il motion capture ed i suoi grotteschi ibridi che tentano maldestramente di imitare attori in carne in ossa, con un’ottima riuscita per quanto riguarda il movimento, ma davvero inadeguati per quanto riguarda l’espressività, anche se confrontati con uno qualsiasi dei gioielli in CGI della Pixar e con qualche eccezione che conferma la regola, come lo stupefacente Avatar.
Spielberg però è fortunato, perchè oltre ad avere una struttura tecnologica alle spalle davvero impressionante, si rivolge per il comparto tecnico alla neozelandese Weta Digital, che dopo aver fatto meraviglie con Il signore degli anelli e miracoli con L’alba del pianeta delle scimmie, riesce anche stavolta a mettere in scena tecnica e cuore dando non solo dinamicità, ma anche espressività e spessore emotivo ai fumettosi protagonisti.
Il resto de Le avventure di Tintin: Il segreto dell’unicorno è Spielberg al 100% che riporta ai fasti di un tempo l’elemento avventuroso della trilogia di Indiana Jones, provando a farci dimenticare il terribile quarto capitolo della saga che ha trasformato Indy in un cacciatore d’alieni, non disdegnando però alcuni elementi visivi tipici legati al moderno mondo dei videogames e alle sue dinamiche, riuscendo a rendere appetibile l’operazione anche ad un pubblico che non conosce il personaggio e il mondo creato da Hergè e che si ritroverà coinvolto in un rutilante giocattolo hi-tech, che per fortuna come spesso capita quando al timone c’è un regista di spessore si rivela dotato anche di anima.
Note di produzione: il film presentato fuori concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2011 è basato su tre albi di Hergé (Il granchio d’oro, Il segreto del Liocorno e Il tesoro di Rakham il Rosso) e co-prodotto dal regista Peter Jackson. Insieme al film è uscito un videogame sviluppato dalla Ubisoft (Assassin’s Creed) e nel team di sceneggiatori figura anche Joe Cornish che ha recentemente debuttato alla regia con il fantascientifico Attack the Block.