Oggi proseguiamo le nostre recensioni sui cortometraggi del progetto perFiducia, che dopo un trittico d’autore formato dai registi Salvatores, Olmi, Sorrentino ci propone una seconda edizione con altri tre corti, di cui oggi vi proponiamo L’ape e il vento di Massimiliano Camaiti.
Il regista romano con all’attivo alcune sceneggiature per il piccolo schermo, due cortometraggi, e in attesa di terminare la stesura dello script del suo primo lungometraggio, partecipa a questo progetto con una sorprendente ed elegante opera piena di poesia.
L’ape e il vento ci racconta di un bizzarro e magico incontro tra un ragazzo proveniente dalla città ed un anziano abitante della splendida Val Maira, incontro che si rivelerà in realtà meno casuale di quel che appaia.
Si nota subito nel lavoro di Camaiti una certa esperienza nella non semplice arte del narrare in corto, un’esperienza che si manifesta nella capacità di cogliere frammenti di cinema in suggestive e sfuggenti inquadrature, che parlano anche nei silenzi e nelle pause recitate dai due bravissimi protagonisti, un Elio Germano in piena evoluzione, e un malinconico Philippe Leroy che dona alla messinscena le sfumature che solo esperienza ed età sanno infondere.
L’ape e il vento colpisce nel segno perchè lavora sul sottrarre, un raccontare quasi bisbigliato con un surplus di fascino donatogli da una suggestiva location eD una intrigante colonna sonora con contrappunti precisi e mai sopra le righe.