Si chiama Jep Gambardella. Scriveva. Ha all’attivo un romanzo, pubblicato quando aveva quarantacinque anni. Ora ne ha sessantacinque e sembra essere sbarcato da un’altra epoca in una Roma ‘cafona’.
Si sente un pò disorientato ma la sua esperienza e il suo fascino senza tempo gli permettono di convivere con il nuovo. Come? Senza scendere a compromessi. Se, in altri termini, c’è da dire le cose come stanno lui non si tira indietro. “La grande bellezza”, ultimo film di Paolo Sorrentino, è un messaggio di poche parole e molte immagini. Un inno alla verità, una fotografia che comprende mille fotografie. Un quadro di un tempo che viene investito da una popolazione che sembra ‘stonare’ con l’arredamento.
Roma
La Capitale d’Italia è la ‘città eterna’ per eccellenza. L’ha descritta bene Federico Fellini nel capolavoro “La dolce vita” e, indubbiamente, Paolo Sorrentino ne ha tratto giovamento. Tramite il suo attore-feticcio Toni Servillo, che interpreta il Gambardella di cui sopra, la esplora. In lungo e in largo, ma sempre in prospettiva. Una prospettiva geometrica, dedita all’armonia dei palazzi e dei monumenti.
Roma è una ‘Grande bellezza’. Forse, la più grande del film. La Roma dei benpensanti, dei cardinali che ‘non fanno onore al clero’, degli artisti di strada che più che per l’arte vorrebbero sopravvivere facendo ‘notizia’. Tutto e tutti sono parte integrante di un film che è un grande quadro. Una lettera (quasi) senza parole a presente e futura memoria. Non viene risparmiato nessuno quando è Jep Gambardella a parlare. Lui è un uomo diverso. Uno che alla domanda “cosa ti piace di più?” non risponderebbe come i suoi amici (“La donna”), bensì “L’odore delle case dei vecchi”.
Per altri versi, però, Roma è solo una ‘scusa’ per raccontare la ‘crisi’ estetica ed etica che attraversa l’Italia. Una crisi che in una sola parola è morale. Roma è il fiume su cui scorrono le vite di chi è già all’inferno e ci è voluto andare di proposito. I prelati poveri di spirito, i ‘festaioli’ che uccidono l’intimità nelle apparenze. I personaggi da ‘salotto’ che raccontano bugie per darsi un tono, per essere accettati da una società che non accetta chi non ha una forte identità. Lo dice bene Jep Gambardella, in un passaggio, facendo intuire che è inutile fare finta di niente perché siamo tutti al capolinea. Tutti ‘alla frutta’, devastati dai nostri stessi errori. Chi nasconde i propri altarini viene prima o poi ‘smascherato’.
Lo stesso Gambardella, romanziere che si riduce ad essere un cronachista mondano che ha sprecato la sua grande chance, sa bene di essere un dannato.
Perché proprio Roma? La Capitale è l’ultimo baluardo. Un paradiso di luoghi che viene sporcato al giorno d’oggi dalla mediocrità di chi la popola durante la quotidianità. Così, quello che per la sua ambientazione sembra essere un film appartenente ad un’epoca d’oro diventa un film in cui la cornice viene sporcata da chi la abita. Passato e presente diventano tutt’uno. Da un lato c’è la perfetta imperfezione di Roma, dall’altro un periodo in cui a farla da padrona è un mezzo come Facebook, caratterizzato dall’ossessione di chi ne sfrutta l’attention whore per essere ‘qualcuno’.
Regia
Che si tratti di un’opera ambiziosa lo si intuisce da quanto studio e quanta precisione si celano nella mente del ‘demiurgo’ che sta dietro la macchina da presa. Sorrentino tira fuori dal cilindro una regia nuova. Perfetta, geometrica. Neanche un frame è fuori posto. Un flusso comunicativo di immagini, talvolta spezzato da qualche piccolo ‘filetto’ d’autore in cui si intravedono animali bizzarri o uomini completamente pitturati di rosso. Difficile trovare uno stile visivo così marcato in altre opere.
Il giudizio del CineManiaco
Nani, ballerine, scrittori ‘falliti’ che cercano la propria redenzione. Donne bellissime. Mafiosi. Lecchini. Salotti borghesi. Prostitute d’alto bordo. Soubrette ormai in piena decadenza fisica e morale. Amori troncati. Cardinali ‘mondani’ che per tenere banco danno ricette di cucina in cene in cui ci si annoia. Imprenditori cinici. Suore che fanno sacrifici talvolta insensati. Tutto questo crea ‘dibattito’.
Paolo Sorrentino vuole raccontare una società, affondando le radici nel suo malessere per risalire a galla il più possibile e salvarne il salvabile. Un’operazione riuscita a metà, anzi a tre quarti, lungo le due ore e mezza di pellicola. Troppe forse. Cosa si perde in questo tentativo? La carica emotiva presente in altre sue opere, ostacolata da troppi silenzi e da alcune scene sacrificate per dare spago ai luoghi e alla riflessione. Alcuni passaggi sono forse troppo striminziti nella loro durata.
La trama ne viene meno, ma non è detto che non sia una scelta stilistica. E’ forse questo l’unico neo di un film che andrebbe visto e rivisto. Che stimola quasi automaticamente una seconda visione. Un film concettuale, se volete. Un urlo profondamente silenzioso, che sembra voler dire: “Dove stiamo andando? E’ ancora possibile tornare indietro? Guardate cosa c’era prima e cosa si intravede ancora”. Una delle migliori prove del cinema italiano degli ultimi anni. Una delle migliori prove di Sorrentino.
Col tempo potrebbe diventare un classico, se tutto non andasse così maledettamente di fretta.
Voto: 7,5
Scheda del film
USCITA CINEMA: 21/05/2013
GENERE: Drammatico
REGIA: Paolo Sorrentino
SCENEGGIATURA: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello
ATTORI: Toni Servillo, Carlo Verdone, Sabrina Ferilli, Roberto Herlitzka, Isabella Ferrari, Giorgio Pasotti, Vernon Dobtcheff, Serena Grandi, Luca Marinelli, Giulia Di Quilio, Massimo Popolizio, Giorgia Ferrero, Pamela Villoresi, Carlo Buccirosso, Ivan Franek, Stefano Fregni;