Oggi per lo spazio cortometraggi torniamo ad occuparci di cinema italiano grazie al nuovo corto del regista Davide Melini che con il suo nuovo lavoro, La dolce mano della rosa bianca, fa un deciso passo in avanti nel suo percorso artistico confezionando un’opera d’ampio respiro che fruisce di un notevole impatto cinematografico, il che di questi tempi in cui molti neo-registi scelgono spesso la tipica impronta da fiction televisiva, non ci sembra cosa da poco.
La trama del corto narra di due destini, quello di una ragazzina e quello di un ragazzo che si incroceranno su una strada di campagna che rappresenterà per loro la chiusura di un capitolo delle loro giovani vite e l’inizio di un altro, che va oltre la percezione della realtà per sconfinare in dimensioni altre.
Come abbiamo premesso l’impianto scenico è di altissimo profilo, la fotografia di José Antonio Crespillo che è anche l’operatore di ripresa fornisce imput visivi di spessore e contribuisce a dare all’operazione il look cinematografico di cui abbiamo accennato, se volessimo trovare delle pecche nella realizzazione ci sarebbe qualche contrappunto musicale di troppo e un finale che se pur emotivamente efficace stride con le suggestioni orrorifiche messe in atto con efficacia nella parte centrale del corto, ma questo non è certo da imputarsi ad errate scelte di scrittura o regia, ma solo al bisogno di piegarsi alle necessità del formato che richiede troppo spesso di condensare oltre il dovuto trame di caratura, non permettendo di contro a chi in un secondo momento fruirà del girato di fruire a sua volta di tempi adeguati per metabolizzare l’evolversi fisiologico degli eventi, che diventano in questo modo per ovvie ragioni di tempistica troppo repentini.
La regia di Melini di cui peraltro avevamo recensito a suo tempo il corto The Puzzle ha il pregio di prendersi i suoi tempi, non rinunciando nonostante le limitazioni imposte dal formato e dai tempi di lavorazione a dettagli e ricercati movimenti di macchina in grado di supportare la struttura narrativa con evocativi contrappunti visivi che nobilitano un’operazione che andrebbe di per sè elogiata solo per il messaggio importante che il regista racchiude nella dedica finale.
Tirando le somme il lavoro di Melini è davvero notevole, oltremodo credibile il protagonista Carlos Bahos e brava anche la giovane partner Natasha Machuca, citazioni e suggestioni dal cinema horror europeo del glorioso periodo gotico sono giustamente centellinate e costellano un’opera che ha il pregio di non ammiccare a ritmi da piccolo schermo e soprattutto di saper miscelare cinema di genere con messaggi di spessore, elemento quest’ultimo che non può che dare a tutta l’operazione un surplus di appeal.
Note di produzione: il corto ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali tra cui una Menzione Speciale ai Tabloid Witch Awards (USA) e un premio per la miglior fotografia al festival spagnolo Cesur en Corto.
The sweet hand of the White Rose – Theatrical Trailer from Davide Melini on Vimeo.