Renai e Josh Lambert (Rose Byrne e Patrick Wilson), insegnante lui cantautrice lei, si sono appena trasferiti con i loro tre figli in una nuova casa, ma le cose non sembrano marciare per il verso giusto visto che uno dei baambini, il piccolo Dalton (Ty Simpkins) cade accidentalmente da una scala e pur non riportando traumi importanti finisce in un anomalo coma che nessun medico riesce a spiegare. Trascorrono alcuni mesi e con Dalton ancora in coma accudito in casa dalla madre e da un’infermiera cominciano ad accadere strani eventi, oggetti che si spostano, rumori e voci inspiegabili, sino al palesarsi di diverse presenze che cominciano a transitare per la casa, presenze che solo Renai sembra percepire.
Josh capendo il momento di difficoltà della moglie decide di traslocare nuovamente e in aiuto della coppia arriva anche Lorraine (Barbara Hershey), la madre di Josh, che intuendo che quello che sta accadendo a Dalton ha origini sovrannaturali si rivolge ad una coppia di studiosi di fenomeni paranormali e ad una sua amica di vecchia data, la medium Elise Reiner (Lin Shaye) che appena varcata la soglia dell’abitazione capisce che il problema non è nel luogo, ma è invece insito nel piccolo Dalton che potrebbe essere vittima di una possessione malefica.
Il regista James Wan, uno dei creatori della saga di Saw, aveva a suo tempo già dimostrato una certa abilità nel maneggiare i generi cinematografici, prima con l’ottimo horror Dead Silence, poi con un’incursione nel revenge-movie di alto profilo con il notevole Death Sentence.
Wan in questo caso supportato produttivamente dall’Oren Peli di Paranormal Activity si cimenta con l’inflazionatissimo filone delle case infestate, lanciandosi in una serie impressionante di digressioni, omaggi e citazioni in cui cannibalizza il genere horror partendo dal classico anni ’80 Poltergeist-Demoniache, confezionato dalla strana coppia Tobe Hooper/Steven Spielberg.
Wan con il classico di Hooper sfiora a più riprese il plagio con tanto di anziana medium, attrezzatissimi nerd studiosi di fenomeni ESP, ragazzino rapito da entità maligne e tutto il repertorio da spavento che ha fatto la fortuna del genere, dalla serie Amityville sino al recente Paranormal activity. Insomma di carne al fuoco il regista c’è ne mette davvero tanta e dopo un incipit intrigante che promette faville, il film purtroppo perde un pò la bussola, culminando in un finale confusionario e palesemente fuori controllo.
Insidious nonostante parecchie ingenuità, sicuramente attribuibili al giovane team creativo, riesce comunque a regalare qualche genuino brivido anche a chi di case infestate, cinematograficamente parlando ne ha visitate a iosa. Lodevole il tentativo di sparigliare le carte deviando verso il filone della possessione demoniaca, meno lo sfruttare sfacciatamente una serie di escamotage narrativi e visivi all’insegna del déjà vu, così troviamo pallide ed emaciate entità che giocano a nascondino in stile Il sesto senso, oscure dimensioni parallele come nell’interessante The Dark di John Fawcett e addirittura una citazione in carne ed ossa, la Barbara Hershey del classico datato 1983 Entity.
Insomma Insidious, pur se ben lungi dal risultare memorabile, non sarà una delusione per chi cerca qualche brivido a buon mercato e una messinscena imbrigliata ad hoc per schivare gli strali della censura, una pellicola senza dubbio superiore ad altre discutibili operazioni come l’edulcorato The Hole 3D di Joe Dante piuttosto che l’imbarazzante Devil prodotto da Shyamalan, insomma un film nel complesso godibile, ma che se gestito meglio poteva trasformarsi in qualcosa di meno addomesticato e prevedibile.
Note di produzione: lo script è stato curato dall’australiano Leigh Whannell già sceneggiatore per i primi tre capitoli della saga di Saw, il contenutissimo budget del film non ha superato il milione e mezzo di dollari.