Pasolini di Abel Ferrara è una pellicola del 2014 con Willem Dafoe nel ruolo dello scrittore, regista e drammaturgo Pier Paolo Pasolini.
Forse avevamo la bocca già riempita da Pasolini – Un Delitto Italiano di Marco Tullio Giordana e Abel Ferrara ha voluto rispondere a quest’ultimo con un taglio meno violento e più estetico. Sta di fatto che l’eccellenza di Willem Dafoe è qui sprecata, circoscritta nell’antro crepuscolare di un poeta che si dimena tra il saggio Petrolio e il visionario film Porno-Teo-Kolossal, oltre a fare incursioni nella stazione Termini di Roma per trovare qualche ora di piacere e delizia.
Guardare questo film dopo La Macchinazione di David Grieco (2017) è forse necessario, un po’ perché quella di Grieco è l’esasperazione della cospirazione mentre il tentativo di Abel Ferrara si ferma prima di dare voce alla pancia.
Tre sono i mondi che si intrecciano nella versione di Ferrara: il Pasolini uomo destinato a morire, l’universo visionario e ascetico di Porno-Teo-Kolossal e la scrittura di Petrolio. Tutto si interseca con stile, ma con poca forza. Petrolio è un teatrino dell’assurdo e del grottesco, con uomini impegnati in fellatio brutali nelle fratte ora, chiusi in una stanza lussuosa a parlare d’arte dopo.
Ninetto Davoli interpreta Eduardo De Filippo che Pasolini volle nel progetto Porno-Teo-Kolossal, e non funziona più di tanto. Riccardo Scamarcio interpreta Ninetto Davoli, che affianca Eduardo (Davoli, madonna) nella fiaba del Cristo che potrebbe nascere in epoca contemporanea gettando nel delirio un’intera città.
Nel mezzo ci sono gli ultimi giorni di Pasolini. Siede nel suo studio, scrive a macchina ed è silenzioso e riflessivo, ma riesce a sorridere quando l’amica Laura Betti irrompe durante un pranzo in casa sua con il suo fare esuberante e disordinato. Tra l’altro, proprio nel film Laura Betti è appena tornata dal doppiaggio per L’Esorcista.
Pasolini-Dafoe sta ultimando il suo film, l’ultimo, Salò o Le 120 Giornate di Sodoma, pellicola maledetta ma che sarà una vera e propria sfida alla censura, essendo il primo capitolo della Trilogia della Morte che il poeta PPP non portò mai a compimento. Finirà nel sangue, ovviamente, in quel corpo a corpo con Pino Pelosi che però, in Abel Ferrara, viene aiutato da 3 compari accorsi all’Idroscalo di Ostia.
Poco impegno e tanta presunzione, questo emerge dal Pasolini di Abel Ferrara. Non un film brutto o scarso, ma un film veloce, che scorre in fretta e non lascia il segno nonostante le intenzioni. Da vedere per poterlo inserire nel contesto dei film biografici sul poeta scomparso, e dunque comprenderne meglio il taglio e la struttura.