In una piccola cittadina dell’ovest americano al confine con il Canada, in realtà siamo in Garfagnana, il medico del villaggio noto come Doc (Leonardo Pieraccioni) ci introduce agli abitanti della cittadina, tra questi la moglie indiana Perla e il figlio Geremia, l’immancabile scemo del villaggio e Mary (Alessia Marcuzzi), la formosa tenutaria del locale saloon. La vita per Doc scorre piuttosto sonnolenta fino a che nella sua vita non ripiomba il padre Johnny (Harvey Keitel) un pistolero in disarmo con intenti di redenzione, se non fosse che di li a poco, sulle sue tracce non giunge a portar scompiglio nella tranquilla cittadina anche lo psicopatico Jack Sikora (David Bowie), un altro pistolero, stavolta tutt’altro che in disarmo e con un conto da saldare proprio con il padre di Doc, conto che Sikora vuole chiudere in un duello all’ultimo sangue.
Johnny non intende tornare ad uccidere anche se significherebbe togliere dalla circolazione un pazzo come Sikora, ma quest’ultimo sceglierà di mettere in campo argomenti piuttosto convincenti, rapendo e minacciando di uccidere Geremia, il figlio di Doc e nipote di Johnny.
Sesta regia per Giovanni Veronesi che con questo film e il successivo Streghe verso nord prova a virare nel cinema di genere, nel primo caso miscelando suggestioni da spaghetti-western e commedia all’italiana di ultima generazione, confezionando di fatto un soporifero ibrido insapore sprecando tra l’altro un calibro come Harvey Keitel e propinandoci in cambio una spaesata Alessia Marcuzzi, nel secondo sconfinando nel fantastico e generando un anomalo corto circuito che vede Teo Mammucari disinnescare a testate streghe in incognito, sconfinando in un surreale nonsisabenecosa che lascia piuttosto perplessi.
Dopo queste due notevoli debacle Veronesi tornerà a cio che sa far meglio, rimettendosi prima in carraggiata con il generazionale Che ne sarà di noi e poi riprendendo finalmente la retta via con i due godibili capitoli di Manuale d’amore e il successivo Italians.
Note di produzione: Il mio West liberamente tratto dal romanzo Jodo Cartamigli di Vincenzo Pardini costò all’epoca quasi dieci miliardi, incassandone di contro poco meno di 4 rivelandosi di fatto un flop di proporzioni colossali.