1968, Nicola (Riccardo Scamarcio) è un ragazzo pugliese belloccio e talentuoso che sogna di fare l’attore, ma l’unico modo per lui di fuggire dal suo paese e realizzare le sue vere aspirazioni e arruolarsi in polizia, e cosi fa, ma in cuor suo, quando si ritrova in piena contestazione dall’altra parte della barricata con manganello e divisa d’ordinanza, Nicola sa che la sua vera aspirazione è la recitazione.
Durante alcune manifestazioni studentesche Nicola incontra e s’innamora di Laura (Jasmine Trinca), bella e volitiva studentessa universitaria cresciuta in una rigida famiglia borghese molto religiosa che sente l’energia che il periodo di grande cambiamento porta con sè, e una sensazione di forte di ribellione alle istituzioni e all’autorità da cui ben presto si lascerà trascinare.
In questo clima euforico e militante Laura e Nicola conoscono Libero (Luca Argentero) carismatico e fascinoso giovane politicamente impegnato, di cui laura finisce inevitabilmente per invaghirsi trovandosi così nella non facile situazione di dover scegliere tra i due.
Nonostante il clima rovente di Venezia e le sfuriate pubbliche di Placido, Il grande sogno si è rivelato decisamente più innocuo di quel che poteva sembrare, nessuna polemica o provocazione, ma il genuino calore e la passione politica di un periodo che precede l’incubo degli anni di piombo, periodo che ancora aveva qualcosa da raccontare e con una grande capacità di produrre leader e ideali.
Quindi il film di Placido è un riuscito e malinconico amarcord politico, con un terzetto di protagonisti veramente in gamba, la giovane Jasmine Trinca merita senza riserve il premio assegnatogli a Venezia per la miglior promessa, c’è una sentita e partecipata ricostruzione storica e una malinconica voglia di ricordare un periodo di cui rimane una nostalgica traccia che nel bene e nel male ha comunque acceso animi, mosso folle e influenzato un’intera generazione.
A questa nostalgia aggiungiamoci un triangolo amoroso che in un dramma ben congegnato aggiunge quel tocco romantico che non guasta, tre attori giovani e belli, e un regista sanguigno e appassionato e il film alla fine dei conti, polemiche inutili a parte, rimane un buon melodramma con un’intrigante aria retrò.