Con i soldi puoi comprare tutto, anche l’amore. Ma un bel giorno, un ‘disperato’ può portartelo via senza avere neanche un cent in tasca. Sembra essere questo uno dei significati ‘sottesi’ a “Il grande Gatsby” rivisitato da Baz Luhrmann.
Ci sono molti motivi per i quali andare a vedere “Il grande Gatsby”, diretto dal regista di “Moulin Rouge” e interpretato da Leonardo Di Caprio con la partecipazione di Tobey Maguire e Carey Mulligan nei panni di Nick Carraway e Daisy Buchanan. I film che, come in questo caso data l’impronta letteraria di F. Scott Fitzgerald e della sua opera, nascono dai romanzi hanno una marcia in più. Partono da un tessuto narrativo assimilato nel corso degli anni precedenti.
Un romanzo come quello di F. Scott Fitzgerald ha quasi cento anni di vita ed è stato letto da diverse generazioni. In molti lo hanno amato. Non potrebbe essere altrimenti, perché tra le pagine del libro si può sentire il jazz suonare e si può vedere New York ballare.
Siamo negli anni venti. A guidarci nel viaggio c’è uno scrittore che ha il desiderio di scrivere ‘il best-seller più importante della sua vita’. Non ci riuscirà perché la città, i suoi ritmi, i suoi divertimenti e le sue distrazioni, lo porteranno a vivere intensamente un’estate trascorsa al fianco di un uomo che gli ha trasmesso speranza. Nick Carraway è sinonimo di ogni romanziere che osserva molto e parla poco, non sempre per schierarsi. Un uomo che ha ancora dei valori, in un’epoca che similmente a quella moderna si perde nelle piccolezze. Contano solo denaro e ricchezza, conta l’apparenza. Inoltre, Nick Carraway (che è a tutti gli effetti l’alter ego di Fitzgerald) è capace di mettere nero su bianco le sue osservazioni. Sta dentro e fuori dalla scena. Partecipa al film e per certi versi lo crea facendo scorrere l’inchiostro dalla sua penna. Quel romanzo, lasciato a metà durante la sua tormentata permanenza a New York, diventa realtà anni dopo. Lo scriverà sotto consiglio di uno psichiatra. Un consiglio prezioso perché si tratta di scrivere non perché gli altri leggono ma per dare sfogo al proprio ‘io interiore’ piuttosto di impazzire.
Tra i motivi per i quali vale la pena andare a vedere “Il grande Gatsby” menzioniamo la canzone “Young and Beatutiful” di Lana del Rey, probabilmente l’unica ‘azzeccata’ all’interno della bizzarra colonna sonora. Quello tra J e Daisy è un amore tormentato, raccontato dagli occhi malinconici di Nick e reso impossibile da un uomo di troppo (Tom, il marito di Daisy) e ancora una volta dai soldi. A spezzarlo definitivamente, però, sarà una circostanza del tutto esterna. Sarà un quarto uomo a porre fine al loro possibile futuro. Un futuro che J voleva improntare sulle orme del passato e che Daisy non ha il coraggio di affrontare. Quando in sottofondo la canzone di Lana del Rey enfatizza l’intimità tra Daisy e J tutto si ferma. Il presente, così precario e così sensuale, prende il sopravvento e un attimo dura per sempre. Poco importa se tutto finirà male, perché in quel momento il silenzio e le anime parlano all’unisono e rendono bello un sentimento.
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Scene di questo tipo, incoraggiate da un’ottima fotografia e da uno scenario da sogno come quello di Long Island sono sparse lungo l’arco di tutto il film.
Un ultimo consiglio va a coloro che andranno a vedere il film senza aver letto il romanzo. La speranza è che il meraviglioso dialogo mutuato dal libro invogli gli spettatori a leggerlo. Ne vale la pena, anche per capire quanto (e se) la rivisitazione di F. Scott Fitzgerald sia valida.