Da domani al cinema arriverà Il gioellino, il drammatico di Andrea Molaioli con Remo Girone, Toni Servillo e Sarah Felberbaum, nei cinema dal 4 marzo.
Dopo il salto potete leggere la trascrizione della conferenza stampa, vedere una ricca galleria fotografica, cinque clip tratte dal film e le video interviste a Andrea Molaioli, Toni Servillo e Sarah Felberbaum.
Può parlarci dell’idea dietro questo progetto?
Andrea Molaioli: Ho iniziato ad interessarmi ai temi finanziari durante le prime fasi dell’ultima crisi di livello mondiale, quindi ho cercato di approfondire la materia della gestione allegra della finanza. Insieme agli sceneggiatori abbiamo studiato molti casi di crac finanziari dell’ultimi anni e quello che ci ha colpito del caso Parmalat è stato il fatto che vi abbiamo trovato dentro una filosofia di gestione aziendale non solo di stampo italiano, ma direi di tutto l’Occidente. A quel punto abbiamo solo dovuto trovare la chiave drammaturgica e, per questo, abbiamo deciso di puntare sui personaggi di questa vicenda, cercando di tralasciare la parte di semplice inchiesta giornalistica.
I personaggi di questa vicenda sono molto religiosi. Può spiegarci quanto ha influenzato l’elemento religioso sui loro comportamenti?
Andrea Molaioli: L’elemento religioso è molto importante per questi personaggi, lo definirei quasi mistico. La cosa che mi ha particolarmente colpito è come esso sia usato come facciata da chi professa determinati valori per poi comportarsi in tutt’altra maniera.
Che giudizio si è fatto sulle banche italiane?
Andrea Molaioli: Potrò sembrare banale, ma le banche sono uno dei poteri nevralgici di questo paese. Ma al contrario di tanti altri poteri forti, quello delle banche è molto più inaccessibile, è meno criticabile. Gli altri poteri, infatti, sono più monitorati dal cittadino rispetto alle banche e, per questo, esse risultano più inquietanti.
Per quale motivo avete deciso di dare un ruolo marginale alle conseguenze del crac sui risparmiatori?
Andrea Molaioli: Il loro ruolo è marginale perché abbiamo deciso di chiudere le vicende del film prima che si manifestassero le conseguenze sui risparmiatori. Questo elemento infatti è il più noto di tutta la vicenda grazie all’ottima copertura giornalistica e di cronaca che gli è stata dedicata. Il nostro punto di vista è stato, volutamente, solo quello delle “stanze dei bottoni” e dei personaggi.
Potete parlarci dei vostri personaggi e di come vi siete preparati per interpretarli?
Remo Girone: Non ho mai incontrato Callisto Tanzi e, di conseguenza, mi sono dovuto basare esclusivamente sul copione e su quello che mi veniva indicato dal regista. Il vero lavoro, infatti, è stato il suo e degli sceneggiatori. Noi abbiamo semplicemente dato corpo alla loro idea.
Toni Servillo: Il personaggio che interpreto io è sicuramente il meno conosciuto dal pubblico e questo mi è stato sicuramente di grande aiuto. Mi ha permesso di lavorare con meno zavorre e con meno riferimenti alla cronaca. Grazie al lavoro del regista e degli sceneggiatori abbiamo cercato di far vedere il lato umano dei protagonisti di questa vicenda, la loro vita quotidiana.
Sarah Felberbaum: Non credo che il mio personaggio sia una di quelle persone che pur di fare carriera sarebbero disposte a tutte. E’ una donna con dei sentimenti, ma anche con una forte capacità di saper scindere le cose. Il suo rapporto con il Rag. Botta (Toni Servillo, N.d.r.), infatti, è forte e c’è anche attrazione mentale tra i due, ma tutto ciò muore quando lei capisce che il suo obiettivo è un altro.
Il film è stato girato a Parma? Perché si è scelto di non fare alcun riferimento diretto alla Parmalat?
Francesca Cima (Produttore): No, il film non è stato girato a Parma. Abbiamo fatto dei sopralluoghi lì prima di girare, ma poi non ci è sembrato necessario che il film venisse girato a Parma. Per questo, abbiamo trovato un’altra location in Piemonte. La vicenda della Parmalat ci è servita solo per prendere spunto per la nostra storia. La nostra intenzione non era quella di fare un resoconto giornalistico della vicenda, bensì quella di raccontare un fenomeno e cercare di vedere dall’interno come può funzionare.