Jennifer Hills (Sarah Butler) è una giovane scrittrice che in cerca di quiete ed ispirazione decide di lasciare la città per passare un paio di mesi in un cottage isolato per completare il suo libro, giunta sul posto in cerca di indicazioni e carburante incrocerà un gruppo di giovinastri del luogo che dopo qualche imbarazzante approccio sessuale andato a vuoto le forniranno indicazioni utili.
Purtroppo Jennifer avrà un secondo incontro stavolta da incubo con quegli stessi ragazzi che armati di una pistola e di una videocamera, accompagnati da un quarto ragazzo aflitto da gravi turbe mentali, irromperanno nottetempo nella sua abitazione e le useranno violenza, ma Jennifer riuscirà a fuggire e ad inoltrarsi nei boschi circostanti dove fortuna vuole che incontri lo sceriffo locale impegnato in una battuta di caccia con il quale tornerà al cottage in cerca degli aggressori.
Quello che Jennifer non sa è che lo sceriffo se possibile è ancor peggio dei suoi aguzzini e così la ragazza finirà dalla padella nella brace violentata sia dallo psicopatico tutore della legge che dai suoi degni compari, ma quando terminate le violenze il gruppetto tenterà di eliminarla, Jennifer si lancerà in un vicino corso d’acqua e il suo corpo non verrà più ritrovato.
Per alcuni mesi tutto sembrerà tornato alla normalità, almeno fino a quando il manipolo di violentatori non avvertirà la minacciosa presenza di qualcuno che conosce la verità sull’accaduto e che comincerà a lasciare inquietanti tracce mandando i cinque nel panico.
Il regista televisivo Steven R. Monroe debutta sul grande schermo con il remake di un controverso rappresentante del genere Rape and revenge del 1978 giunto in Italia con il titolo di Non violentate Jennifer, in realtà non è tanto il film di Meir Zarchi a crear polemica quanto il genere stesso che miscela sin troppo esplicita violenza sulle donne al sottovalutato filone revenge da sempre bocciato a prescindere da una certa critica.
Il film dii Monroe è duro da metabolizzare e senza dubbio sconsigliato allo spettatore più sensibile, ma se si è avvezzi al genere e si sopravvive alla prima parte del film in cui la violenza tocca vette davvero insostenibili, con il dipanarsi della seconda parte in cui la vendetta farà il suo efferato corso ci si trova di fronte ad un film davvero ben girato, con tutti i clichè del genere pienamente rispettati e con una protagonista efficace.
I spit on your grave funziona la dove il recente remake The last house on the left aveva miseramente fallito, certamente il film di Monroe picchia duro e non lesina colpi bassi, ma almeno ha un minimo sindacale di contesto e motivazioni nel suo essere efferato e non sfoggia bassa macelleria a prescindere, per capirne l’efficacia basta solo rendersi conto che per quanto feroce sia la fase della vendetta a base di tortura, niente è lontanamente paragonabile a quella mezz’ora iniziale che lascia un segno davvero indelebile.
Note di produzione: tra i lavori del regista Monroe segnaliamo il recente tv-movie Mongolian Death Worm, il direct-to-video House of 9 e l’imminente fantasy Jabberwocky, la protagonista Sarah Butler è al suo debutto su grande schermo, l’originale del ’78 creò polemiche per la violenza gratuita mostrata su schermo e nel 2010 il Time magazine lo ha inserito tra i dieci film più ridicolmente violenti di sempre.