Negar e Askhan sono due ragazzi iraniani appena usciti di prigione, hanno già avuto a che fare con il regime ultranazionalista del loro paese, ma l’amore per la musica e il desiderio di fuga sono troppo forti per riuscire a contenerne l’energia, quindi decidono di formare clandestinamente una band indie-rock ben consapevoli delle severi leggi emanate dal regime teocratico riguardo la musica, e di suonare nei posti più improbabili, onde evitare che la loro passione finisca per costargli di nuovo la prigione
Mentre inizia la ricerca degli altri componenti della band in un’inedita Teheran che vive nel sottobosco musicale, dove la libertà ha la forza delle note, i due pianificano anche una fuga in Europa grazie a passaporti falsi che dovrebbe fornirgli un tipo ben poco affidabile.
Intanto la musica comincia a prendere forma come la band, le note appenna accennate diventano canzoni, i giri di chitarra il suono di una gioventù che cerca di urlare il proprio no ad un regime che ne soffoca la libertà di espressione, la musica aumenta di volume tra stalle, cantine, tetti e qualche rocambolesca fuga, una colonna sonora in divenire, per una libertà che non smetterà mai di essere cercata.
Un film con un messaggio potente veicolato dall’amore sconfinato per il linguaggio universale della musica e un bisogno costante di libertà, il regista Bahman Gobadi realizza un coraggioso mockumentary girato senza autorizzazioni e rischiose riprese in esterni, con una piccola troupe e 17 giorni per raccontare in immagini una Teheran dolente, che ha nei giovani e nella musica un potente antidoto al regime.
E’ un altro volto del cinema iraniano quello offerto da Ghobadi, lontano dallo stile autoriale e raffinato dei grandi registi, girato con mezzi di fortuna, in situazioni estreme, corrompendo quando necessario poliziotti con musica e DVD proibiti, e sapendo bene i rischi di un’operazione del genere che rispecchiano in pieno quelli della band che va formandosi sullo schermo, e come una sorta di riflesso suona la sua musica dovunque e comunque. Allo script ha collaborato la compagna di Ghobadi, la giornalista Roxana Saberi arrestata con l’accusa di spionaggio e poi rilasciata poco prima che il film venisse proiettato a Cannes.
Il cinema nella sua forma più pura e incondizionata, I gatti persiani è un film che va oltre la fruizione della pellicola fine a se stessa, ci racconta di un cinema di grande spessore e contenuti, mesaggero di concetti come libertà e libero pensiero non veicolati dalla violenza, che magari nei nostri comodi e sicuri salotti diamo per scontati, riportandoci alla consapevolezza che a volte con lo sciorinare gratuitamente parole come regime e dittatura si rischia di assumere i toni grotteschi della farsa ideologica, quando nel mondo ci sono realtà, come quella iraniana, in cui queste due nefaste parole rappresentano la quotidianità.