In questi giorni sul web si trovano molti riferimenti ad alcune affermazioni fatte dal regista Giovanni Veronesi in un’intervista rilasciata al magazine Diva & Donna che attaccano frontalmente e senza mezzi termini il cinema 3D in toto, no non parliamo dei famigerati occhialini monouso o dei mal di testa, ma proprio di tutto il cinema 3D a prescindere se il film che utilizzi il formato in questione abbia o meno un valore artistico, affermando che pellicole come Avatar e Alice in Woderland fanno solo male al cinema italiano e proponendo un’inquietante concentrazione forzata di questi film nel solo periodo estivo.
Questi due kolossal americani (Avatar e Alice, NdR), proposti in sala a un prezzo maggiore, hanno danneggiato non solo i film italiani ma anche gli altri americani e gli stranieri in genere. Secondo me, se i film evento in 3D fossero lanciati soltanto da maggio a settembre, raggiungerebbero comunque cifre ineguagliabili ma garantirebbero anche uno spazio equo nel mercato a tutti gli altri concorrenti. Il cinema italiano non è andato affatto male ma poteva andare molto meglio senza ‘Avatar’ e ‘Alice’.
E’ chiaro che il problema nasce dall’arrivo nelle nostre sale di kolossal che hanno portato più spettatori al cinema con il modaiolo formato tridimensionale, che però non hanno nulla a che fare con l’allontanamento degli spettatori dai film italiani, vedi il vistoso calo di presenze anche per gli immarcescibili cinepanettoni, o lo stesso Genitori & Figli di Veronesi, che non ha certo fatto faville al botteghino, soprattutto se paragonato al tutto esaurito di Avatar. Non sarà che lo spettatore libero di scegliere ha solo scelto altro?
Intanto quel che si vede nelle sale italiane non ha nulla a che spartire con il 3D autentico. Io ho fatto l’esperienza all’estero, occorrono una platea a triangolo rovesciato e con la punta in basso e lo schermo adatto, mica come i nostri ancora con la puntinatura…
Quindi comprensibile il nervosismo e in parte lo sfogo del regista, meno l’idea e l’affermazione davvero poco felice di costringere le major americane a proiettare i film in 3D in un sorta di obbligatoria oasi estiva, il che equivarebbe ad invitarli gentilmente a non distribuire più i loro film in Italia. Queste affermazioni fanno passare in secondo piano alcune osservazioni in parte condivisibili fatte dal regista toscano, riguardo all’idoneità di alcune sale italiane che proiettano film in 3D, non avendo una location adeguata a sfruttare appieno il potenziale del formato.
Diciamo che prendiamo le parole di Veronesi come un estemporaneo sfogo e conoscendo l’arguta ironia che ha sempre contraddistinto il suo cinema, passiamo diplomaticamente oltre, precisando però che il formato 3D, esclusi pochi casi in cui è davvero funzionale alla pellicola, vedi ad esempio Avatar, resta un accessorio, divertente ed intrigante, in molti casi coinvolgente, ma pur sempre un accessorio che prescinde, e prescinderà sempre e comunque dall’effettivo valore dell’opera cinematografica in sè.