Gabriele Albanesi, regista, classe 1978, si specializza in Scienze delle comunicazioni per poi collaborare con i Manetti bros alla realizzazione di molti videoclip musicali. In seguito collabora con la trasmissione televisiva Stracult in qualità di critico cinematografico.
Dopo aver ricevuto svariate menzioni e premi in vari festival per cortometraggi con il corto Braccati, seguiranno due corti, L’armadio e Mummie, veri e propri biglietti da visita che culmineranno nel lungometraggio prodotto dai Manetti bros, Sergio Stivaletti e Gregory J. Rossi Il bosco fuori, che verrà distribuito in Giappone e attraverso la casa di produzione di Sam Raimi, la Ghost house pictures, anche negli Stati Uniti.
IC:Dopo i giustificati entusiasmi per la distribuzione internazionale, passato qualche anno, e attutito il clamore, un pensiero su il bosco fuori adesso:
GA: E’ un film che oggi rifarei sicuramente in maniera diversa, visto adesso a distanza di tre anni da quando l’ho girato, affiorano alcuni limiti tecnici, come ad esempio la scelta azzardata dell’effetto notte realizzato in digitale, che comunque non rimpiango totalmente perchè si sposa a suo modo con quell’anima da B-movie che appartiene al film e ne ha decretato l’interesse. Mi piacerebbe un giorno poter rimettere mano alla color-correction, che abbiamo realizzato in casa con software ancora incerti e poter offrire una nuova versione rimasterizzata del film, questo si, per tutti gli altri aspetti, invece, rimango tuttora molto soddisfatto.
IC: Sam Raimi ha distribuito il tuo film negli States, cosa pensi del suo passaggio dal cinema indipendente a quello dei blockbuster?
GA: Raimi è stato uno dei caposaldi della mia infanzia cinematografica proprio per il suo ammirevole percorso di cineasta che è riuscito ad imporsi grazie all’autoproduzione e alla sua formazione di autodidatta. Tuttavia non amo molto i film della saga di Spiderman, anche se il numero 2 della serie sfiora probabilmente il capolavoro, ma questo perhè non sono un fan in generale dei blockbuster tratti dai supereroi. Penso sia un tipo di cinematografia troppo superficiale, anche se in passato sono stato un accanito lettore di fumetti.
IC: Quali sono i titoli Horror che consideri Cult?
GA: Ti posso citare i miei preferiti: Phenomena, che ha molto influenzato il mio primo film, Non aprite quella porta di Tobe Hooper, anch’esso molto importante e The Blair witch project, un film che mi ha terrorizzato a tal punto che non ho più avuto il coraggio di rivederlo una seconda volta. Deve avere toccato qualche corda profonda del mio inconscio.
IC: Lamberto Bava, Dario Argento e Michele Soavi,quale di questi registi preferisci e perchè?
GA:Sicuramente Dario Argento, perchè di tutti i registi horror italiani era l’unico a possedere una coscienza cinefila, e infatti ha agito sul genere per stravolgerne le regole, esattamente alla maniera postmoderna di Sergio Leone o degli autori della Nouvelle vague francese, insomma Argento era un autore. Mentre tutti gli altri erano degli ottimi mestieranti. Soavi tuttavia ha ancora molto da dire, perchè con Dellamorte dellamore e Arrivederci amore ciao ha cominciato anche lui a fare un suo discorso, insomma ad emergere come autore. E poi perchè ha uno stile visivo unico, assolutamente cinematografico, cosa rara oggi in Italia. Non penso ci siano molti registi italiani capaci di replicare una storica inquadratura di Mario Bava in maniera pressocchè perfetta come ha fatto Soavi nel suo ultimo film.
IC: Rimaniamo su Dario Argento, hai avuto contatti con lui, e cosa pensi dei suoi ultimi lavori, in particolar modo del discusso La terza madre?
GA: Dario Argento l’ho solo brevemente incontrato grazie a Sergio Stivaletti, ma si è trattato solo di una semplice stretta di mano e nient’altro. Riguardo a La terza madre, non demolisco il film come hanno fatto in molti, anzi a mio avviso è un ottimo prodotto, selvaggio e delirante, totalmente senza freni nel suo immaginario. Sbaglia il fan che si sente di stroncare il film perchè lo raffronta direttamente con Suspiria e Inferno: sono passati trent’anni da quei film e Argento intelligentemente non tenta di rifarli, bensì se ne discosta a favore di una narrazione più moderna e più vicina al fantasy e all’avventuroso. Per dire, la scena finale nelle catacombe, con tutta la congregazione in adorazione della Madre delle lacrime. sembra quasi una sequenza presa da Indiana Jones e il tempio maledetto. E poi, rispetto ai film precedenti come Nonhosonno e Il cartaio, ne La terza madre c’è un innegabile scarto qualitativo e inventivo.
IC: Ivan Zuccon e Alex Visani, due nomi del cinema indipendente Horror italiano, cosa ne pensi?
GA: Di Visani ho visto troppo poco per dare un giudizio, giusto un suo cortometraggio molti anni fa, mentre Zuccon proprio non mi piace, lo trovo troppo serioso, troppo pretenzioso.
IC: Tre titoli che esulino dall’horror, cosa ti piace?
GA: I miei tre film del cuore: Arancia meccanica, C’era una volta il West, Kill Bill.
IC: E’ vera la storia dell’attacco pubblico a Nanni Moretti?
GA: Si, accadde nell’estate del 2000, dopo una proiezione al cinema Nuovo Sacher del film Autunno di Nina Di maio, presentato e sponsorizzato da Nanni Moretti che poi conduceva il dibattito col pubblico, così come le altre opere prime di registi italiani che Moretti invitava periodicamente alla sua corte. Non appena si riaccesero le luci presi subito la parola e attaccai la regista e anche lo stesso Moretti, perchè si trattava di uno spettacolo veramente indecoroso… in questo film c’era la regista, anche attrice protagonista, che replicava il petulante personaggio di Michele Apicella (personaggio del film Bianca n.d.r.) di Moretti con anche i medesimi tic, come la mania per le scarpe ed i dolci. Insomma una cosa insostenibile, davvero irritante, indice di periodo di decadenza che il nostro cinema aveva intrapreso da anni, anche e soprattutto a causa del morettismo dilagante presso i giovani cinefili e registi. La cosa buffa e che Moretti sentì il bisogno di strumentalizzare il mio istintivo sfogo di spettatore in chiave politica, arrivando a declamare in pubblico, il giorno successivo, alcuni brani di Musil, che facevano riferimento ai giovani arrabbiati e violenti che si radunavano in circoli nella Germania prima dell’avvento del nazismo. Purtroppo non ebbe l’intelligenza di capire che il mio era un discorso puramente cinematografico, legato alla sciatteria di quel cinema italiano mai così brutto, per il quale lo sbandieramento di un presunto impegno sociale o civile bastava a se stesso. Mi ricordo che della cosa parlò anche Giovanna Grassi sul Corriere della sera, naturalmente stigmatizzando il mio comportamento incivile.
IC: Visto che a leggerci non ci saranno solo degli esperti di cinema Horror, ma magari qualche neofita in cerca di consigli due titoli che consiglieresti per approcciarsi al genere:
GA: A dei neofiti che vogliono avvicinarsi all’horror, propongo due titoli che possono ben introdurli nel cuotre del genere: La casa di Sam Raimi e Scanners di David Cronenberg, due visioni molto diverse ma entrambe totalmente viscerali.
IC: Hai visto il controverso Frontiers? cosa ne pensi?
GA: L’ho visto e non mi è piaciuto, soprattutto a causa della pessima regia videoclippara che a tratti lo rende quasi inguardabile. E poi la storia non prendeva perchè troppo inverosimile, difetto comune anche a L’interieur. Non apprezzo molto questo nuovo cinema splatter francese, vi è in questi registi una ricerca sensazionalistica dell’effettaccio a tutti i costi, una corsa a chi la spara più grossa, a chi riesce a superare il record di efferatezze mostrabili sullo schermo. Adesso il nuovo primato lo detiene questo nuovo film Martyrs, per il quale molti hanno gridato al capolavoro. a me è sembrato molto furbo come film: anela a tematiche di rigore quasi bressoniano, ma poi il film è girato come uno splatterone di Joe D’amato. Vuole fare Salo’ di Pasolini, ma al tempo stesso senza dimenticare l’exploitation più fighetta e di tendenza del Tortur-porn (vedi Hostel n.d.r.). Il tutto senza un briciolo di ironia.
IC: Parliamo della tua collaborazione con il mago degli effetti speciali Sergio Stivaletti, uno dei collaboratori preferiti di Dario Argento, Come lo hai trovato a livello lavorativo, vista la vostra stretta collaborazione per Il bosco fuori.
GA: Sergio Stivaletti è una persona estremamente disponibile e generosa, sempre pronto ad aiutare i giovani che hanno voglia e passione, e lo ha dimostrato co-producendo il mio film e collaborandoci entrando in partecipazione dei diritti. Un vero maestro d’altri tempi. Dovrebbero esserci più persone come lui, farebbero bene ad un cinema italiano che invece è sempre più chiuso in caste e nepotismi viziosi.
IC: Sinceramente, che ne pensi del digitale, per te è stata una scelta obbligata, per film come Rec una scelta stilistica, è davvero il futuro?
GA: Sicuramente il digitale sarà il nuovo mezzo di ripresa per gli anni a venire. Già con la nuova telecamera RED è possibile ottenere la qualità cinematografica del 35MM con dei costi notevolmente inferiori rispetto alla standard finora dominante dell’ HD pesante. Si tratta di una vera rivoluzione perchè adesso la tecnologia per realizzare un film di qualità cinematografica è veramente alla portata di tutti, mentre prima i costi dell’HD non si allontanavano di molto da quelli tradizionali della pellicola e le telecamere di fascia inferiore come l’HDV non reggono bene lo schermo una volta che il girato viene gonfiato in pellicola per la proiezione.
IC: Siamo vicini a Natale, qualche film da consigliare, e qualcuno che sarebbe meglio evitare…
GA: Recentemente ho visto The orphanage di Bayona, bel film, un horror classico ma dal colpo di scena finale un pò cervellotico, non immediatamente intutitivo, non come ad esempio il colpo di scena de iI sesto senso che arrivava subito allo spettatore. Ho anche visto Come Dio comanda di Gabriele Salvatores, ma non mi è piaciuto per niente, ne a livello di attori ne di regia, secondo me è proprio la struttura della storia che è sbagliata perchè non c’è una vera evoluzione dei personaggi, padre e figlio si vogliono bene fin dall’inizio, così come si continuano a volersi bene alla fine, tutto rimane piatto. Poi tantissime soluzioni registiche troppo facili, come l’uso ruffiano di canzoni come quella di Bob Dylan che chiude il film. Invece l’ultimo capolavoro che ho visto al cinema, a parte Death proof (Grindhouse-a prova di morte n.d.r.) di Tarantino, e’ stato Il divo di Sorrentino, un capolavoro, non c’è che dire. Una grandissima lezione di stile e di modernità espressiva.
IC: So che hai in ballo qualche nuovo progetto, regalaci qualche anticipazione..
GA: Ho due film che ho scritto e che sono in preparazione. Nelle fauci di Ubaldo Terzani è una storia a cui tengo molto, si tratta di un thriller/horror sul tema della letteratura, alla Stephen King di Misery e la metà oscura per intenderci, incentrato sulla figura di un giovane regista alle prese con un mefistofelico scrittore di libri horror. Il sogno di gaia invece è tutt’altro genere, un mix esplosivo di fantascienza e horror nello stile di The faculty, dove dei giovani liceali devono fronteggiare l’improvvisa follia omicida che ha contagiato tutti i loro genitori e gli adulti del paesino dove vivono. Spero di poterli mettere presto in cantiere, anche perchè ho da poco chiuso il contratto con Minerva Pictures per la realizzazione dei miei prossimi film. E poi ho anche un terzo progetto, più sotterraneo, che mi vede però coinvolto solo nelle vesti di produttore, per aiutare nuovi registi di genere ad affermarsi sulla scena.
IC: Ti ringrazio per la disponibilità e alla prossima…
GA: Grazie a te, e un saluto ai lettori de Il CineManiaco.