Fuori controllo, recensione in anteprima

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Il detective della omicidi di Boston Thomas Craven (Mel Gibson) è un padre single che ama profondamante la figlia Emma (Bojana Novakovic) e come molti padri ne ha idealizzato la figura di bambina, ma Emma è già una donna, laureata, con un ragazzo ed un buon lavoro, e quando la ritrova per una visita in città sente in cuor suo di aver perso un pò di quella ragazzina e di non conoscere affatto la donna che ha di fronte, ma non avrà il tempo necessario ne di pentirsene, ne tantomeno di rimediare, perchè Emma verrà brutalmente asassinata da due killer a volto coperto proprio sulla porta di casa, davanti ai suoi occhi.

Le indagini sull’omicidio naturalmente porterannno le autorità a concentrarsi su eventuali nemici del detective, ma tutte le piste porteranno ad un vicolo cieco, così lo stesso Craven, ancora palesemente traumatizzato dall’evento, deciderà di indagare nel quotidiano della figlia che non conosceva, scoprendo così una serie di strane coincidenze e decessi, che lo condurranno dritto dritto alla multinazionale Northmoor dove la figlia lavorava come ricercatrice, società dotata di un notevole muro di gomma che non permetterà a Craven ne di approfondire quale ruolo ricoprisse la figlia, ne di cosa si occupi esattamente la multinazionale.

Craven riuscirà lentamente a penetrare quel muro, utilizzando tutta la sua esperienza di poliziotto, e una buona dose di violenta determinazione per carpire indizi, estorcere confessioni, arrivando a scoprire un’intricata rete di protezione e corruzione che tocca i vertici della politica e della sicurezza nazionale, scatenando un vero putiferio e una serie di ritorsioni, ma Craven non ha nulla da perdere, e userà ogni mezzo necessario per scoprire mandanti ed esecutori dell’omicidio di sua figlia.

Dai trailer visionati prima della nostra recensione si poteva evincere che Edge of darkness pescasse a piene mani dal genere revenge-movie lanciato a suo tempo da Charles Bronson e il suo vendicativo e iperviolento Giustiziere della notte, figlia uccisa, padre furioso, vendetta tremenda vendetta! insomma tutto il repertorio del caso.

Invece la sorpresa è che il film miscela thriller politico, action, poliziesco in un sapiente mix che ha origine da una serie tv inglese, e da uno script a cui ha collaborato lo sceneggiatore premio Oscar per The Departed William Monahan, a cui si aggiunge un efficace, tormentato e dolente Mel Gibson immune da ogni artificio chirurgico tanto in voga in quel di Hollywood, che invece di età e rughe fa in questo caso virtù.

L’attore australiano ha il concetto di famiglia ben impresso nel DNA, sesto di undici figli e padre di sette, riversa con grande efficacia la sofferenza, anche se virtuale, di una perdita devastante come quella patita dal protagonista, cosa c’è di più innaturale del seppelire i propri figli?, ma sempre ben lungi dal mostrarsi allo spettatore come una sorta di vendicatore o deviato supereroe, mai durante la visione vediamo sullo schermo null’altro che un padre furioso e devastato.

Il resto lo fa il veterano Martin Campbell, un regista che oltre a sfoggiare  un’intrigante impronta visiva, ama visitare il cinema di genere, e lo dimostrano un paio di Bond, l’avventuroso La maschera di Zorro, il legal Legge criminale, e l’action fantascientifico Fuga da Absolom, tutti esempi della versatilità di questo cineasta, che decide in questo caso di adattare una serie tv di cui egli stesso a suo tempo, parliamo del 1985, diresse alcuni episodi.

Campbell non si lascia tentare dalla violenza tout-court da angelo vendicatore, ne tantomeno dalla spettacolarizzazione formato action di molti thriller di ultima generazione, gioca la carta vincente del thriller, svela le carte lentamente, inserisce oculatamente perle di violenza estrema che in platea arrivano come un inesorabile diretto ben assestato, che però non mira a stendere lo spettatore lasciandogli quel tanto di lucidità per non perdere di vista la narrazione,e alla fine gli si perdona anche un finale che indugia nella retorica da espiazione, un piccolo neo che dopo cotanta messinscena accettiamo più che volentieri.