Tre sono i film italiani in lizza per il Leone d’Oro all’edizione numero 73 del Festival del Cinema di Venezia. Tra questi compare Spira Mirabilis, il film documentario sull’immortalità di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, che approderà al Lido (come detto) nella sezione più importante.
Per descriverlo al meglio ci affidiamo alle parole dei due registi.
Venuti a conoscenza di Shin Kubota e dei suoi studi sulla medusa immortale abbiamo subito capito che questo era il punto di partenza del nostro film: un uomo alle prese con l’immortalità. Nei nostri precedenti lavori abbiamo indagato il rapporto fra l’uomo e le istituzioni, in “Spira Mirabilis “ci interessava invece realizzare un film in cui l’uomo si confrontasse con i propri limiti e le proprie aspirazioni».
La terra: le statue del Duomo di Milano sottoposte a una continua rigenerazione. L’acqua: Shin Kubota, uno scienziato cantante giapponese che studia la Turritopsis, una piccola medusa immortale. L’aria: Felix Rohner e Sabina Schärer, una coppia di musicisti inventori di strumenti/scultura in metallo. Il fuoco: Leola One Feather e Moses Brings Plenty, una donna sacra e un capo spirituale, e la loro piccola comunità lakota da secoli resistenti a una società che li vuole annientare. L’etere: Marina Vlady, che dentro un cinema fantasma, ci accompagna nel viaggio narrando L’Immortale di Borges.
Questi sono i protagonisti di Spira Mirabilis, un film girato in diversi luoghi del mondo, una sinfonia visiva, un inno alla parte migliore degli uomini, un omaggio alla ricerca e alla tensione verso l’immortalità.
Simbolo di perfezione e di infinito, “la spirale meravigliosa”, Spira mirabilis come venne definita dal matematico Jackob Bernoulli, è una spirale logaritmica il cui raggio cresce ruotando e la cui curva si “avvolge” intorno al polo senza però raggiungerlo mai.