Non credo che la Biennale di Venezia abbia bisogno di alcuna presentazione. Si tratta infatti di una delle istituzioni culturali più importanti e note del globo, nonchè, udite udite, il festival cinematografico più antico del mondo! Il festival è nato infatti nel 1932. Pensate a quel momento decisivo. Oggi ne parlano tutti, ma io quasi li vedo, il presidente della Biennale di Venezia, il conte Giuseppe Volpi di Misurata, Antonio Maraini, lo scultore e segretario generale, Luciano De Feo, il segretario generale dell’Istituto internazionale per il cinema educativo, tutti lì, riuniti attorno a un tavolo, che annuiscono tutti convinti e consapevoli del futuro successo della manifestazione.
Tutto è iniziato nei lontani anni ’30. Cosa vi viene in mente, se vi dico anni ’30? A me non molto, a parte il fatto che Indiana Jones era nel pieno della sua forma. Ma se la macchina del tempo ci portasse lì, sicuramente ci porterebbe a Venezia, in quel remoto e ingiallito 1932. Ci troviamo sulla terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido di Venezia, ma ancora non si tratta di una rassegna competitiva. L’inizio è valoroso, e vengono già proposti quelli che diverranno veri e propri classici.
E come simbolo del cambiamento, vince Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Fredric March, sia nella categoria Migliore Attore, sia in quella relativa alla storia migliore. Miglior regista invece è il sovietico Nikolaj Ekk per il film Il cammino verso la vita, mentre il film più divertente è A noi la libertà di René Clair. La cosa più pazzesca è che è stato menizonato anche – si – Topolino, Mickey Mouse. Sempre sulla breccia, il topastro.
E l’anno dopo? Niente. Bisogna arrivare al 1934 per avere una seconda edizione dal 1 al 20 agosto, proprio in questo periodo. La rassegna stavolta è un tuttuno con la Biennale di Venezia, e stavolta si inizia a competere. Viene istituita la Coppa Mussolini, accanto alle Grandi Medaglie d’Oro dell’Associazione Nazionale Fascista dello Spettacolo e i premi per le migliori interpretazioni. Chi è la miglior attrice? La giovane Katharine Hepburn, per Piccole Donne di George Cukor, mentre il miglior film straniero va a L’uomo di Aran, di Robert Joseph Flaherty, un documentario d’autore.
Rivediamo anche Frank Capra con Accadde una notte, con Clark Gable e Myrna Loy. E siamo al primo scandalo: un bel nudo integrale in una sequenza di Estasi, del regista cecoslovacco Gustav Machatý. Vediamo l’integrale bellezza di Hedwig Kieslerová, conosciuta successivamente come Hedy Lamarr.
La terza edizione, invece, arriva puntuale nel 1935, con un vento di novità e di crescita; per prima cosa, d’ora in poi il tutto diventa definitivamente annuale. La particolarità di questa, e di tutte le edizioni fino al dopoguerra, è che non vedremo film russi. Molto ben accolto è invece John Ford, con Il traditore, e di Josef von Sternberg, con Marlene Dietrich protagonista di Capriccio Spagnolo. Vince l’Anna Karenina di Clarence Brown, con Greta Garbo.
Il tempo passa, e la mostra cresce. Dalla terza alla quarta edizione ci corre un annetto. Gli anni sono sempre quelli, e in quel contesto compare la Giuria internazionale, e la laguna è illuminata dall’onnipresente Frank Capra, ancora John Ford, Max Ophüls, René Clair, Josef von Sternberg e Marcel L’Herbier. Protagonista assoluto il divo italiano Amedeo Nazzari.
Gli anni trenta rappresentano quindi un crescendo, che subiscono una sorta di stop nel 1938, quando iniziano a farsi sentire in modo pesante le pressioni del governo fascista. Prima, però, esplodono nel 1937 Marlene Dietrich, Bette Davis ma soprattutto la giovane attore francese Jean Gabin, protagonista de La grande illusione di Jean Renoir. Deve essere stata un’edizione veramente lampante, decorata dal nuovo Palazzo del Cinema, opera dell’architetto Luigi Quagliata.
Ma i problemi arrivano per tutti, e la fine degli anni trenta è segnata da alti e bassi. I vincitori, imposti dal governo, sono il tedesco Olympia di Leni Riefenstahl e Luciano Serra con Goffredo Alessandrini. Le indubbie qualità delle pellicole non tolgono loro il carattere di propaganda. Si prendono le distanze dal cinema americano, che si congeda con Biancaneve e i sette nani di Walt Disney.
Inizia il dramma degli anni Quaranta, sicuramente il periodo nero della manifestazione. Le pressioni fasciste, il dramma della guerra, le assurde imposizioni. Le edizioni dal 1940, al 1942 sono considerate alla stregua di edizioni fantasma, in quanto si sono svolte lontano dalla sede tradizionale. Tutto scritto a partire dall’esterno, tutto pilotato. Eppure non sono mancati i lampi di luce.
Spiccano i nomi legati all’Asse, in particolare i divi italiani Alida Valli, Assia Noris e Fosco Giachetti, con Bengasi. Un inizio difficile, un inizio splendente, un inizio turbolento. Lo scivolone fascista, se così vogliamo chiamarlo, è destinato a rappresentare comunque un momento importante, segno indelebile nella storia complessa, che è solo all’inizio.
Sarebbe veramente bello ripercorrere tutte le tappe del festival riuscendo a vedere tutto quello che è stato proiettato, ma soprattutto la faccia di coloro che hanno fatto parte del pubblico, che hanno partecipato direttamente all’emozione degli alti e bassi di questi primi anni di festival. Sarebbe bello conoscere qualcuno che se le è vissute tutte.