Apre oggi i battenti la trentesima edizione del Torino Film Festival. La serata di inaugurazione che vedrà come madrina l’attrice Claudia Gerini sarà accompagnata dalla proiezione del film d’apertura Quartet, debutto alla regia dell’attore Dustin Hoffman.
Oggi per i film in concorso proiezione per l’inglese The Liability di Craig Vivieros, evento speciale Holy Motors di Léos Carax, mentre per le altre proiezioni della giornata segnaliamo per la sezione Rapporto confidenziale gli horror Chained di Jennifer Linch e Come out and play, quest’ultimo remake diretto da Makinov del cult spagnolo anni ’70 Ma come si può uccidere un bambino?.
QUARTET
«Beecham House, casa di riposo per musicisti nella campagna inglese, si prepara ogni anno uno spettacolo per l’anniversario di Verdi. Tra gli interpreti Cecily, Reggie e Wilfred, un tempo membri di un quartetto che comprendeva anche Jean, l’ex moglie di Reggie. Per i tre è quindi una sorpresa scoprire che la nuova pensionante della villa è proprio la diva della lirica Jean. L’occasione è perfetta per riunirsi, ma lei si rifiuta di esibirsi: per convincerla ognuno farà la sua parte e più di tutti Reggie, di nuovo coinvolto nel loro burrascoso rapporto.
Penso che i registi migliori siano gli attori perché hanno più sensibilità. Spesso i registi sono distanti mille miglia, occupati a fare in modo che tutto sia pronto, che la scena sia perfetta, mentre gli attori aspettano. Io invece ritengo che la cosa più giusta che un regista possa fare nei confronti di un attore sia farlo sbagliare. Sbagliare e provare di nuovo e così via, lasciandogli tutto il tempo che gli altri hanno avuto nel preparare la scena: permettergli di avere uno spazio di benessere».
THE LIABILITY
Suggestionato dal videogioco Grand Theft Auto, il ventenne Adam sogna di diventare un killer. L’occasione gli si presenta quando il compagno della madre, Pete, gli trova lavoro come autista di Roy, un sicario professionista in procinto di compiere il suo ultimo omicidio utilizzando la tecnica di un noto serial killer per depistare le indagini. Tutto procede come stabilito, salvo l’inattesa presenza di un testimone, la giovane e bella Carly, che il killer e il suo discepolo saranno costretti a eliminare. La caccia alla donna si rivela più difficile del previsto e soprattutto conferma come nel crimine spesso la gerarchia dei ruoli sia destinata a essere ribaltata.
«Per il film ho cercato un look da pop art americana. Mi sono ispirato parecchio ad alcuni iperrealisti contemporanei, come Richard Estes e John Bader, e a un classico della modernità americana come Hopper, soprattutto per il dipinto Nighthawks. Sembra quasi arte grafica. Non è il classico film sul Nord depresso dell’Inghilterra. È un po’ più sgargiante, ma lo humour e l’atmosfera sono molto inglesi, per quanto stilizzati».
CHAINED
Sarah e il figlio Tim, di nove anni, escono dal cinema e chiamano un taxi per tornare a casa. Al volante Bob, fisico possente e occhi inespressivi. Non arriveranno mai a destinazione: Bob li rapisce e li porta nella sua casa isolata, dove uccide la donna. Poi ribattezza il bambino Rabbit e lo alleva, legato a una lunga catena. Dopo nove anni, Rabbit è cresciuto, ha studiato anatomia sui volumi procurati da Bob e comincia a essere insofferente.
«Abbiamo girato per quindici giorni a Regina, nello Saskatchewan, in Canada. […] Ho usato la stessa troupe di Surveillance, che si è dimostrata appassionata e alacre, a tutti i livelli. Il cinema è un mestiere che richiede collaborazione, in cui tutti lavorano per il conseguimento dello stesso scopo. […] Ci si sveglia la mattina, si va sul set e si lavora tutti insieme per realizzare il film, inseguendo un interesse comune. Sono stati tutti valorosi e disposti al sacrificio»
HOLY MOTORS
Una limousine bianca si muove per le strade di Parigi: al volante la bionda Céline e seduto sui sedili posteriori Monsieur Oscar. E chi è costui? È un industriale, un mendicante, un assassino, un padre di famiglia e persino un mostro, ma non solo. Può essere tutte queste cose, perché la sua vita gli impone di esserlo: la lussuosa automobile su cui si muove è il suo camerino, da cui esce ogni volta con una nuova identità, lavorando dall’alba al tramonto. Ma al di fuori di questa singolare routine, chi è veramente Oscar, quali sono i suoi sentimenti, dov’è la sua casa, cos’è la sua vita?
«Il film è come un’opera di fantascienza in cui esseri umani, animali e macchine sono prossimi all’estinzione, come “motori sacri” legati tra loro da un destino comune e dalla solidarietà, schiavi di un mondo sempre più virtuale. Un mondo in cui le macchine visibili, le esperienze reali e le azioni stanno gradualmente scomparendo».
COME OUT AND PLAY
Beth e Francis sono una giovane coppia in attesa del primo figlio; arrivati in Messico, raggiungono un’isola paradisiaca lontana dalla costa, dove tutto sembra perfetto: il sole, la spiaggia piena di bambini, il molo… Ma presto l’atmosfera diventa bizzarra e i due sposini si rendono conto di essere gli unici adulti sull’isola. La verità appare in tutta la sua cruenza quando Francis vede una bambina bastonare a morte un anziano: non c’è tempo per capire, ora deve solo portare in salvo sua moglie e il suo bambino.
«Per l’ennesima volta sono rimasto lacerato e disgustato da questa stupida vita moderna in cui non riusciamo a distinguere quello che davvero conta. Per questo amo girare storie horror che ci ricordano chi siamo quando non abbiamo un telefono cellulare. Secondo un antico proverbio, è meglio uccidere durante i periodi di pestilenza. Io direi lo stesso del cinema: le persone guardano stupidi eroi che salvano il mondo, quando il mondo è pieno di dolore. Il cinema dovrebbe insegnarci il dolore, per questo giro queste storie molto tristi: per ricordarci che la vita ha un limite e noi tutti dobbiamo morire».