Angélique (Isabelle Carré) e Jean-René (Benoît Poelvoorde) hanno due elementi che li accomunano che sono una timidezza cronica che li affligge e che determina in negativo l’evolversi delle rispettive vite sentimentali e…il cioccolato, si perchè Angèlique è una esperta cioccolataia, mentre Jean-René è il proprietario di una fabbrica di cioccolato in cui Angélique si ritroverà a lavorare. Il rapporto tra i due timidoni comincerà ben presto a mostrare, dietro silenzi imbarazzati e sguardi sfuggenti, il nascere di un sentimento reciproco che però andrebbe coltivato e soprattutto dichiarato ed è proprio qui che come si suol dire casca l’asino vista la timidezza che affligge i due. Entrambi comunque non rinunceranno e con i loro goffi e teneri tentativi di approccio e l’ausilio di gruppi di ascolto e supporto terapeutico, proveranno con tutte le loro forze ad abbattere quella barriera fatta di paure che arrivano da lontano e visto che l’amore al cinema spesso e volentieri ha il sapore dolce della fiaba e in questo caso l’aroma inebriante del cioccolato, un lieto fine per i due non è certo da escludere.
Dopo le Lezioni di cioccolato con Luca Argentero e la magia romantica del fiabesco Chocolat con Juliette Binoche è ancora un film francese a mettere al centro di una storia d’amore il cioccolato come romantica panacea, ma stavolta i due protagonisti non hanno un destino avverso o figure celate nell’ombra a complottare contro il loro sentimento appena sbocciato, ma un elemento caratteriale che molti considerano un difetto, ma che in realtà palesa solo un’eccesso di sensibilità, ma quando si parla di sensibilità si può davvero parlare di eccesso? Purtroppo si se si vive in una società in cui faccia tosta, egocentrismo ed aggressività sono elementi che definiscono un vincente e anche se questa iperemotività rischia, come accade spesso di minare una normale interazione sociale.
Il regista Jeanne-Pierre Améris confeziona quello che egli stesso, che di timidezza ha saputo far virtù creativa, definisce come il suo film più personale e in qualche modo autobiografico. Améris nel 2000 scopre l’esistenza di qusti gruppi di ascolto, gli Emotivi Anonimi del titolo, da cui poi nasce l’idea del film che però attenzione non approccia questo malessere puntando allo scavo psicologico dei personaggi o sondando le origini dell’insicurezza cronica che affligge i due protagonisti della storia, ma invece cerca la chiave di lettura più lieve, romantica e fabulistica della tematica, lasciando che la parte seriosa rimanga ai margini e diventi mero spunto narrativo per alcune gag piuttosto azzeccate che costellano il film.
In Emotivi Anonimi è l’ironia e la levità tipica di molte comedy d’oltralpe a farla da padrone con l’aggiunta in questo caso di due interpreti in parte, quindi consigliato agli inguaribili romantici in cerca di un film natalizio nel senso più ampio del termine.
Nelle sale a partire dal 23 dicembre 2011
Note di produzione: gli Emotivi Anonimi, un’organizzazione realmente esistente nata negli Stati Uniti nel 1971 e arrivata in Europa nel 1979, propone un programma in 12 tappe molto simile a quello degli Alcolisti Anonimi.