Di effetti digitali nell’ultima, in ordine cronologico, avventura di Indy se ne è fatto ampio uso e come al solito succede in questi ultimi anni anche abuso, Mr. Spielberg ha aspettato molto prima di mettere in cantiere questa nuova avventura e molti aficionados della serie che amavano quell’aria molto classica e retrò avevano paura che le nuove tecnologie avessero invaso il mondo polveroso e ricco di cianfrusaglie del nostro archeologo ammazzandone senza pietà il fascino retrò.
Sfortunatamente le promesse di regista e scenografo di utlizzare un girato alla vecchia maniera non sono state mantenute, ben 450 le scene ritoccate digitalmente, alla faccia della vecchia maniera, Spielberg ha arruolato un nutrito team della Industrial light and magic che si sono occupati dell’immenso lavoro di restyling anche grazie ad un sofisticato software, Il Fracture, che permette di far esplodere virtualmente e realisticamente interi set senza poi doverli ricostruire per un ciak sbagliato, un bel risparmio non c’è che dire.
Già nella prima scena con Indy nascosto in un frigo in balia di un’esplosione termonucleare ci si rende conto che gli effetti digitali la faranno da padrone, si prosegue con delle realistiche formiche digitali, burroni virtuali, piramidi e un’inseguimento nella giungla con un duello tra jeep, tutto, a parte jeep e protagonisti, è virtuale,l’intricata foresta amazzonica non è altro che un’incantevole e bucolica location hawaiiana con tanto di strada asfaltata ricostruita e animata di flora e fauna al computer.
Ecco che spielberg, dopo aver rimontato per ben cinque volte la sua creatura, sforna un capitolo che ha la suggestione della trilogia originale, ma una volta consumato ci si accorge di uno strano retrogusto digitale, che anche se esteticamente impressionante fa sembrare questo quarto capitolo uno strano oggetto anomalo indeciso tra due epoche e tre generazioni.