Goku (Justin Chatwin) è un adolescente che ha, come buona parte degli adolescenti del pianeta, problemi con le ragazze e con qualche bullo di troppo, ma anche una forza ed una tecnica di combattimento che potrebbero in un baleno sistemare i bulli della scuola, farlo diventare ultrapopolare e aiutarlo a conquistare Chichi (Jamie Chung) la ragazza di cui è perdutamente innamorato e che guardacaso sta con il bullo dei bulli.
E allora perchè direte voi Goku ancora subisce le quotidiane vessazioni dei suoi compagni di scuola e colleziona figuracce davanti alla ragazza dei suoi sogni?, Semplice perchè nonno Gohan (Randall Duk Kim) che gli ha tramandato l’antica arte e la magia del kung fu gli ha fatto promettere che non l’avrebbe usata per aggredire alcuno, neanche se provocato.
Purtroppo Goku una sera durante una festa non resiste all’ennesima provocazione e dà spettacolo davanti ad una folla mostrando tutta la sua abilità nel combattimento, sbaragliando la comitiva di prepotenti e conquistando la bella, ma la sera stessa goku, a cui il nonno aveva donato una delle sette sfere del drago, inutile da sola, ma fonte di immenso potere se unita alle altre sei, scopre la sua casa distrutta ed il nonno in fin fi vita. E’ stato Piccolo (James Marsters) ad aggredire nonno Gohan, il lato oscuro del Kung fu, un alieno che liberatosi dalla sua prigione vuole il potere delle sette sfere ed è disposto a tutto pur di ottenerlo.
Prima di morire il nonno chiede a goku di trovare il maestro Muten (Chow Yun-Fat) e di difendere con la vita la sfera del drago, il maestro Muten saprà cosa fare e lo istruirà per affrontare il malvagio Piccolo ed i suoi alleati. Una volta trovato il maestro Muten Goku dovrà nell’ordine: trovare le sfere rimanenti, padroneggiare i quattro elementi basilari del kung fu, e utilizzare un grande torneo di arti marziali per rispedire Piccolo nella sua prigione, semplice no?
Il manga di Akira Toriyama era forse uno dei progetti più complessi da portare sullo schermo in una versione live-action made in Hollywood. Prima di tutto per la miriade di sottotrame delle serie tv, la cui complessità dava un certo spessore al lavoro dell’autore giapponese, poi il look troppo giapponese così come la comicità demenziale che ogni tanto faceva capolino che è il marchio di fabbrica dei cartoon made in Japan e infine la caratterizzazione dei personaggi che sono un pastiche di mitologia orientale, leggende e folklore giapponese.
Purtroppo il pesante rimaneggiamento fatto con questa trasposizione dal regista James Wong è grande come una casa e non può passare inosservato anche a chi ha solo intravisto il cartone originale, tutto è troppo occidentalizzato e non basta qualche bellezza orientale ed un simpatico e volenteroso Chow Yun- Fat, in più di un’occasione stridente con il contesto, a nobilitare un’operazione veramente poco riuscita.
Non rimane nulla del Dragonball originale in questo Dragonball Evolution se non qualche suggestione, comprimere in un’ora e mezza il lungo viaggio di Goku, che rappresentava un viaggio iniziatico per conquistare l’equilibrio, conoscere se stesso e diventare adulto, eh si questo manga all’apparenza fracassone e infantile nasconde più di qualche sorpresa, in una caccia al tesoro da villaggio turistico è quasi offensivo nei confronti della folle e anarchica creatività di Toriyama.
Tirando le somme alla fine della fiera ci troviamo una divertente sequela di brevissimi combattimenti, poche gag mal ingegnate, qualche effetto speciale di routine e la sensazione di aver appena assistito ad una discreta puntata di Smallville, il consiglio è di passare oltre.