Prosegue la nostra chiacchierata con Davide Minnella: il giovane autore e regista, dopo aver fatto su Cinetivu una panoramica sulla situazione della televisione in Italia, ci descrive la realtà cinematografica italiana e ci rivela i suoi progetti per il futuro.
Cosa manca al cinema italiano oggi come oggi?
Credo che manchi semplicemente un po’ di serenità: una serenità economica, produttiva e distributiva. Uno sguardo verso il futuro che possa essere anche un po’ ottimista. Purtroppo, conquistarlo è un’impresa titanica in questo momento.
I giovani cineasti italiani sanno lavorare in alta definizione o creare film in 3D?
Certo che si. Ti basta frequentare i festival sparsi in lungo e in largo per l’Italia per rendertene conto. Quasi tutti girano le loro cose in alta definizione e i costi sono oramai accessibili. Riguardo il 3D, invece, stiamo recuperando pian piano le distanze rispetto a giovani cineasti di altri paesi. Ci sono produzioni che si sono attivate nel migliore dei modi per acquistare le tecnologie necessarie. L’investimento che hanno messo in atto è stato importante e grazie al 3D sono nate delle nuove figure professionali che si sono affacciate con successo sul mercato. Tante piccole realtà produttive lo hanno provato, vuoi per riprendere delle partite, videoclip, cortometraggi, spot e via di seguito, adesso però, per fare il salto di qualità, è necessario che anche il grande cinema e quindi i registi più affermati, che possono contare su investimenti più importanti, decidano di giocare la loro parte. Non è detto però che ciò avvenga nell’immediato. Si ha ancora molta paura e il 3D, purtroppo, si porta appresso un apparato tecnico decisamente ingombrante per il set e un incremento notevole dei costi di produzione.
Come è nata la tua passione per il cinema?
Sono sempre stato appassionato di cinema. Sono cresciuto a Gallipoli, frequentavo un gruppo teatrale “La comunità del Canneto” che all’epoca era molto attiva nella realizzazione di commedie musicali tanto da aver preso parte a soli 14-15 anni a veri e propri capisaldi del musical come ad esempio Jesus Christ Superstar, Joseph and the amazing technicolor of dreamcoat e Aggiungi un Posti a Tavola. Le serate, invece, che non dedicavo alla recitazione le trascorrevo all’interno delle due uniche sale cinematografiche che c’erano a Gallipoli o visionando ogni sera almeno un paio di film con il mio mitico videoregistratore dell’epoca. Ero, e in realtà lo sono tuttora, uno spettatore onnivoro. Un giorno, ho deciso di fare il regista ed ho fatto il possibile per trasformare la mia più grande passione in una vera e propria professione. In primis ho frequentato il primo anno del corso di regia della Scuola Civica di Milano, poi sono riuscito a superare le selezioni per entrare a far parte del Laboratorio di Regia e produzione cinematografica promosso dalla Fandango e infine ho frequentato la Scuola di Sceneggiatura Mediaset. Insomma non mi sono fatto mancare niente.
Quali sono le doti fondamentali che un giovane deve avere per diventare regista?
Deve essere curioso, ironico, coraggioso, sensibile, autorevole e disperatamente ostinato.
Parliamo di te: hai già girato numerosi corti, non ultimo “Come si Deve” che sta piacendo al pubblico e alla critica di tutta Europa. Ci puoi spiegare brevemente di cosa parla il corto e dirci quale potrebbe essere il motivo del suo successo?
Ho girato questo corto con grande passione ed entusiasmo, coinvolgendo due grandi attrici come Piera Degli Esposti e Diane Fleri e una troupe di straordinari professionisti.
Volevo che “Come si Deve” fosse un tributo all’atto gastronomico, a quel gesto massimo di generosità e di amore che è cucinare per qualcuno. Volevo provare a raccontare del potere benevolo e salvifico del cibo, come atto di civiltà e come insostituibile testimonianza di umanità. Credo che il successo del corto sia proprio nella forza della storia, il valore transitorio e sommamente affettivo del dono-cibo è infatti l’antidoto più efficace alla disumanità della pena di morte, e soprattutto alla sorprendente interpretazione delle due interpreti. “Come di Deve” è stato presentato in anteprima assoluta al 60° Festival di Berlino ed ha avuto un’accoglienza davvero straordinaria. Ha anche vinto il RIFF 2010 come miglior corto italiano e adesso sta proseguendo il suo cammino in tanti altri festival nazionali ed internazionali. Il 26 luglio lo presenteremo al Giffoni Film Festival 2010 davanti ad una platea di centinaia di ragazzi.
Come è lavorare con personaggi del calibro di Piera degli Esposti e Sergio Rubini?
Lavorare con i numeri uno è sempre straordinario. Sergio e Piera sono due attori che magnetizzano energia e convogliano fantasie, due attori fantastici, generosi, che non smettono mai di mettere in discussione il loro modo di essere e di recitare. Spero di rilavorare presto con entrambi.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho terminato di scrivere da poco la sceneggiatura del mio primo lungometraggio e ho firmato un contratto con un’importante casa di produzione per la realizzazione del film. S’intitolerà “Nient’altro che la Verità”, avrà un cast d’eccezione e mi auguro che sia un gran bel film. Non posso dirti di più, per il momento. Ma ce la sto mettendo tutta, posso assicurartelo. Vedremo cosa accadrà nei prossimi mesi. Tra poco, invece, inizierò a girare un mockumentary musicale che avrà Roy Paci per protagonista e un altro cortometraggio che mi è stato commissionato da un’importante ente benefico.