Sono almeno tre le coppie che calcheranno il red carpet degli Oscar. Non parliamo di gossip amorosi ma dei sodalizi artistici tra attore e regista: Michael Fassbender e Steve McQueen, Toni Servillo e Paolo Sorrentino, e quello ormai di lunga data tra Leonardo DiCaprio e Martin Scorsese.
La storia dei cosiddetti attori-feticcio non è recente ma ha inizio moltissimo tempo fa, e le ragioni che spingono un regista a scegliere sempre lo stesso attore sono vari.
A volte l’attore è una sorta di alter ego del regista, è il caso di Marcello Mastroianni e Federico Fellini , e “8½” è l’esempio eclatante. Guido Contini, infatti, non è altro che il riflesso di Fellini.
Stesso discorso per la coppia Jean-Pierre Léaud e François Truffaut, che diede vita a sette pellicole, di cui cinque della cosiddetta serie “Antoine Doinel”: da “I 400 colpi” del 1959 a “L’amore fugge” di vent’anni più tardi, Léaud ha interpretato il medesimo personaggio, ispirato alla vita dello stesso Truffaut.
Talvolta il regista trova in un determinato interprete il modello perfetto per il genere che vuole proporre: è questo il caso di John Wayne il cowboy preferito da John Ford, la cui collaborazione annovera la cifra record di 21 pellicole.
È anche il caso, più recente di Johnny Depp per Tim Burton, quest’ultimo fedelissimo al suo attore da oltre vent’anni, lo ha scelto perché meglio esprime l’eccentricità dei suoi lavori, da “Edward mani di forbici” all’ultimo “Dark Shadows”.
In alcuni casi si può parlare addirittura di “triangolo”. Un giovane attore molto richiesto è infatti Ryan Gosling, una specie di portafortuna per Nicholas Winding Refn che lo ha voluto in “Drive” e “Only God forgives” e Derek Cianfrance che lo “usa” in “Blue Valentine” e “Come un tuono”.
Questi sodalizi rappresentano, dunque, una gabbia o un vantaggio? A giudicare da questi esempi si protende per la seconda.
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