Se c’è una cosa che funziona in Climax di Gaspar Noé è la pazienza dello spettatore. Se quella non funziona allora possiamo parlare di un film che per la prima metà è una bevanda diluita, e non parliamo di certo della sangria tossica che manda in pappa il cervello di tutto il corpo di ballo. Il vero peccato della pellicola è che la seconda parte vale tutto il film, ma per l’intera fetta precedente il regista ti rinchiude in una bolla ossessiva di piani sequenza, rumore, dialoghi infiniti e noia.
Vero: nella prima metà del film è necessario cogliere alcuni particolari che saranno al centro del dramma della seconda parte, ma è opinione comune che Noé poteva raccontarci la stessa storia senza ricorrere a una dilatazione del tempo così feroce e piatta.
Funziona il luogo isolato, quel fabbricato in cui i ballerini mettono alla prova il loro talento. Funziona la musica a tutto volume che finirà per divorare chiunque e funzionano le beghe personali tra i presenti, saette che finiranno per amplificarsi fino alla fine. Quel che non funziona è il percorso: per incollarci allo schermo – e sì, ci si incolla letteralmente – dobbiamo attendere tantissimo tempo durante il quale pensiamo a più riprese di mollare tutto.
Ciò che è chiaro è che ci troveremo in un inferno in cui tutto perde la logica umana: alle grida disumane si uniscono la violenza gratuita, l’umiliazione, la tragedia e la paura (soprattutto questa) e nessuno dei presenti ci sarà così amico da farci trovare la speranza di una luce in fondo al tunnel. Non avremo tregua, con Climax, quando gli effetti della sangria tossica inizieranno a diventare sintomi e azioni.
I corpi dei ballerini diventano macchine incontrollabili, veicoli di un delirio che a volte rende necessaria una pausa. Troviamo Suspiria, Possession e la parte più delirante di Pasolini, e probabilmente Climax è la risultante di tanto cinema del delirio arrivato a noi con grandi nomi ancora imbattuti.
Vale la pena vederlo? Per la seconda parte sì, e a quanto pare Gaspar Noé puntava in maniera maldestra sull’hype che ti porta a divorare tutto fino al finale, ma non ci è riuscito.