Boicotta gli Oscar, e lo farà anche sua moglie. Il motivo? E’ inammissibile che in due edizioni consecutive non ci siano state candidature ad artisti “african-american”. Questa la pesante critica di Spike Lee, giunta direttamente dalla conferenza stampa del sessantaseiesimo Festival di Berlino dove ha portato fuori concorso il suo Chi-raq, esemplare contaminazione di generi a ritmo di hip hop, degno capitolo di un trentennio di attivismo militante a difesa dei “niggers”.
Un film che denuncia la criminalità esasperata ed esasperante del malfamato quartiere di Chicago, posto a sud-est dell’Iraq e per questo rinominato Chi-raq dai rapper. Lo spunto è la Lisistrata di Aristofane, ma il registro è totalmente alla maniera del regista. Spike, che non ha mai usato mezzi termini, è più vitale che mai nella limpida critica a un’America violenta, assassina, armata fino ai denti:
I giovani americani sono esposti alla violenza, che continua a essere glorificata con ogni mezzo. A Chicago quando si spara lo chiamano “scoring” come in un videogame. La propaganda alla violenza è inammissibile, solo nella capitale dell’Illinois e solo a febbraio ci sono state 90 sparatorie, 17 nella settimana in corso. A Chicago sono morti uccisi arma da fuoco a l’80% delle persone scomparse nel 2015.
Anche nel suo tragico musical “all black” Chi-raq si parla di armi e si invoca il disarmo da parte delle donne della comunità, che decidono di non concedersi ai propri uomini finché questi non depositeranno le armi. “No Peace, No Pussy” è il mantra che percorre il film, forse un po’ lungo, ma efficace e con alcune trovate geniali. Da vate dei “nigger”, il narratore-coreuta di Chi-raq porta il volto di Samuel L. Jackson che, lapidario, decreta la miseria del proprio Paese: “L’America ama la guerra, gli americani sono innamorati delle armi”.