Era il 1978 quando in Italia vennero aboliti i manicomi per effetto della Legge Basaglia. Ma non fu una chiusura vera e propria.
Nel 2016, fortunatamente, un rinnovamento della normativa ha chiuso definitivamente questi luoghi dell’orrore in cui l’animale umano viene trattato malissimo e diventa soggetto a sedativi di ogni sorta che ne spengono l’anima. Paolo Virzì delega due personaggi del suo nuovo film, La Pazza gioia, per trasmettere ciò che pensa. Beatrice e Donatella sono solo due esempi di questa condizione dell’uomo alle prese con problemi psichici nel nostro Paese. Una condizione che non viene rispettata.
Avevamo lasciato il regista alle prese con la crisi economica italiana, altra tematica approfondita con grande sagacia, ne Il Capitale Umano. Lo ritroviamo tra gli applausi ricevuti al Festival di Cannes, dove nella sezione Quinzaine ha presentato questo nuovo e bellissimo film. La prima proiezione, infatti, è stato un trionfo.
Virzì descrive così La Pazza gioia:
Il film ha per protagonista due ragazze. La ragazza di Ostia e quella di Parigi, ossia Micaela Ramazzotti e Valeria Bruni Tedeschi, qui nel ruolo di due pazze scatenate in fuga. Pazze «vere», o almeno così certificate dalla pubblica sanità: perché il confine tra sano e insano è troppo labile e a volte anche discutibile», sostiene il regista. Che, insieme alla troupe, al termine delle riprese si è persino sottoposto a perizia psichiatrica, risultando soggetto a «disturbi umorali», con tanto di prescrizione di Depakin. Un farmaco serio, eh.
Il suo film, pertanto, gioca sul filo di questo confine così sfumato, tra follia, disperazione, amicizia e complicità. Di due donne agli antipodi (tanto nella vita quanto nel film), unite dal desiderio comune e ostinato di felicità e libertà.