Nelle sale dallo scorso 16 gennaio, “Nebraska” aspira a diventare una delle sorprese del 2014 anche in Europa (e dunque in Italia). Un film che fa respirare ‘aria di casa’. Chiedere, per avere delle prove, ad Alexander Payne. Il regista di questo ottimo film è tornato per la quarta volta a girare in Nebraska, con un film dal titolo ‘omonimo’ al Paese del set.
Ci era già stato per “La storia di Ruth”, per “Election” e per “A proposito di Schmidt”. Questa volta Payne ha scelto il bianco e nero, e non ha firmato la sceneggiatura. Il colore è tra quelli che più ama. Gli ricorda il suo ‘mito’ Kurosawa.
Payne ha di recente dichiarato che sono in bianco e nero la stragrande maggioranza dei film che rivede. Non potrebbe essere un regista che si rispetti, secondo il suo stesso parere, se non ne girasse uno ance lui. Così, eccolo accontentatosi.
Payne sfrutta il bianco e nero in “Nebraska” (e in Nebraska) per valorizzare paesaggi solitamente attraversati a grande velocità. Paesaggi che spesso si sorvolano. Paesaggi che spesso hanno moltissimo in comune con lo stato d’animo dei suoi personaggi.
Così, “Nebraska” si classifica come un ottimo road movie. Nel frattempo il film si è già guadagnato l’ambitissima palma d’oro a Cannes per la miglior interpretazione, spettata a Bruce Dern.
Il futuro? Sicuramente tornare con un sorriso e con grandi premi dalla notte degli Oscar di Marzo. Payne, e Cannes lo testimonia, ha tutte le carte in regola per riuscirci.