Vorrei che Alex mi aiutasse a capire quello che vuole veramente. La colpa non è certo sua: nascere e crescere in cattività rappresenta sicuramente una condizione ch epuò andare facilmente in conflitto con quello che è, nel senso più lato possibile, lo sviluppo naturale.
Quando si parla di istinto, se ne parla spesso a sproposito: in questo caso ci riferiamo a un qualcosa che deriva da un senso profondo di appartenenza, e che ci constringe a rifelttere su alcune delle scelte che abbiamo fatto fino ad ora, magari in funzione di un qualche miglioramento futuro.
Non ci dovrebbero essere scuse per non crescere, per non andare avanti, ma, nella maggior parte dei casi, solo scelte assolutamente consapevoli, solo mascherate da false costrizioni auto costruite. Demolire la gabbia dorata in cui viviamo rappresenta per tutti un passo fondamentale, come un’iniziazione in cui il nido non viene solo abbandonato, ma distrutto, bruciato, incenerito.
E’ buffo che Alex, che non aveva neanche mai avuto un pensiero a riguardo, si sia trovato a dover fare questo tipo di scelta, e in modo così brusco. Gli uomini, le persone, hanno spesso possibilità che guardano rimanere tali non senza provare il piacere di non “sciupare” qualcosa usandola, consumandola.
Poi la guardiamo morire lì: una realtà tutta ancora avvolta nella plastica, pronta per l’uso e con il valore aggiunto del “coefficiente del collezionista”, dato che di questi tempi non ci vuole molto a far diventare una cosa vintage.
Il giorno prima sono in una gabbia e non ne vedo le sbarre: in uno strano gioco gestalitico non vedo le strisce nere che mi impediscono di fare un passo verso di voi, vedo le strisce colorate che si trovano tra esse, vedo la gente muoversi, vedo la gente che mi acclama.
Vado a letto stanco, sono un giovane leone in forma smagliante, non mi pongo problemi perchè di fatto non ne ho, e sarebbe un assurdo iniziare a mettersi in testa idee strane quando la vita è stata così generosa con me.
Non mi resta che, una volta alzato dal letto, ogni mattina, ringraziare te, il mondo, la fortuna sfacciata che mi ha reso, senza che io abbia fatto niente per conquistare questo ruolo, la star dello zoo, un mito, per alcuni forse l’eroe, almeno per poco tempo.
E così sarei andato avanti per sempre. Ma non era quello il mio destino: non in grao di muovermi da solo, la vita mi ha regalato un’altra fortuna immensa: la possibilità di guardare fuori dal guscio, la possibilità di intraprendere una fantastica avventura con i miei migliori amici, che potrebbe non essere soltanto un viaggio, ma che potrebbe diventare un modo per dare un senso nuova alla mia stessa, leonina esistenza.
Questo è forse quello che pensa Alex, mentre ti guarda con gli occhi mai feroci, già dominatore del suo istinto, ma che non ha perso la sua identità di leone, che in fin dei conti potrebbe non coincidere al cento per cento con lo stereotipo che noi uomini abbiamo forse inventato perchè lo ritagliamo gradevolmente attorno al maestoso animale.
Si può convivere con tutto, l’importante è cercare di stare bene: l’dea razionale che ci porta verso una meta deve essere soppesata, filtrata dall’emozione che proviamo mentre pensiamo ad essa. Altrimenti, il rischio è quello di perdersi definitivamente nel buio della routine di uno zoo.